martedì 12 maggio 2015

LA NON PUNIBILITA’ PER PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO

Il decreto legislativo del 16 marzo 2015 n. 28 è rubricato "Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67." ed è in vigore dal 2 aprile 2015.

La legge n. 67 delegava - fra altro - il Governo "ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma del sistema delle pene", con le modalità e nei termini ivi previsti, nel rispetto di principi e criteri direttivi come quello di cui all'articolo 1, lettera m): "escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale".

In attuazione della delega, è stato dunque emesso il decreto legislativo n. 28 con il quale è stata esclusa la punibilità per i reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, quando, per la modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

La caratteristica del nuovo istituto dell'irrilevanza per particolare tenuità comporta comunque l'accertamento della sussistenza di un fatto tipico, costitutivo di reato, ma da ritenere non punibile in ragione di più generali principi di proporzione in considerazione della tenuità dell'offesa, nonché di economia processuale.

Dal punto di vista sostanziale, l'articolo 1 del decreto attuativo prevede i requisiti e definisce l'ambito applicativo del nuovo istituto della particolare tenuità del fatto.

In particolare, il primo comma dell'articolo 131 bis del codice penale riprende il dettato dell'articolo 1), lettera m) della legge delega n. 67 più sopra riportato, ma chiarisce che l'esclusione della punibilità può intervenire solo quando "l'offesa è di particolare tenuità" per la modalità della condotta e per l' esiguità del danno o del pericolo.

Nel secondo comma è precisato quando "l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità", e cioè quando "l'autore ha agito per motivi abbietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o lesioni gravissime di una persona".

Nel primo comma dell'articolo 131 bis v'è il riferimento anche all'altro requisito ai fini del giudizio sulla particolare tenuità del fatto, e cioè la "non abitualità" del comportamento. Nel terzo comma è specificato che "il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia  commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate".  

Nella Relazione allo schema di decreto si mette in evidenza come in questo caso il legislatore abbia utilizzato un concetto, quello della "non abitualità" del comportamento,  diverso da quello della "occasionalità" del fatto. Il che farebbe ipotizzare la possibilità che un "precedente" giudiziario potrebbe non precludere di per sé il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in presenza degli altri presupposti.  Sarà l'interprete a precisare via via il contenuto del termine in questo caso prescelto, anche se  l' "abitualità" ostativa pare essere individuata in quella da accertare in relazione al reato oggetto del giudizio, nel caso in cui quest'ultimo possa essere inserito in un rapporto di seriazione con uno o più altri episodi criminosi (ad esempio, il "furto in sé minimo ma che risulti costituire un anello in una sorta di catena comportamentale").

Il penultimo comma dell'articolo 131 bis riguarda la determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma, in relazione alla quale non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69. Come è stato fatto notare nella Relazione allo schema di decreto, "siffatto criterio non riesce ad eliminare quel margine di discrezionalità giudiziale che si presenterà tutte le volte in cui, concorrendo circostanze eterogenee di quel tipo, sarà giocoforza procedere al previo giudizio di bilanciamento. Né può eliminare la possibile incongruenza che si presenterà tutte le volte in cui una di quelle circostanze, pur presente e come tale da considerare ai fini della determinazione dei limiti di pena, sarebbe però destinata a soccombere per la prevalenza di circostanze ad effetto comune di segno opposto.".

L'ultimo comma completa l'individuazione dell'ambito applicativo, precisando che l'istituto può trovare applicazione "anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante".

I tre articoli successivi al primo sono dedicati agli aspetti processuali della nuova disciplina.
L'articolo 2  è rubricato "Modifiche al codice di procedura penale" e include le disposizioni che riguardano specificamente l'eventualità che il pubblico ministero richieda l'archiviazione per particolare tenuità del fatto.

E' previsto infatti che all'articolo 411 (Altri casi di archiviazione) sia aggiunta - al primo comma - l'ipotesi in cui la persona sottoposta alle indagini non sia punibile ai sensi dell'articolo 131 bis del codice penale per particolare tenuità del fatto e che sia aggiunto il comma 1 bis, secondo il quale se l'archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione. Non è prevista la notifica dell'avviso al difensore della persona sottoposta alle indagini nemmeno se la nomina risulti dagli atti del pubblico ministero.

Nell'opposizione debbono essere indicate, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Diversamente da quanto previsto all'articolo 410, non è prescritto che la persona offesa dal reato indichi l'oggetto dell'investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.

Se l'opposizione non è inammissibile, il giudice procede ai sensi dell'articolo 409, comma 2 – e cioè fissando udienza camerale e dandone avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle  indagini e alla persona offesa dal reato – e, dopo aver sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice provvede de plano e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell'articolo 409, comma 4 e 5, e cioè indicando eventuali necessarie ulteriori indagini  e fissando il termine per il compimento di esse, ovvero disponendo che il pubblico ministero formuli l'imputazione entro dieci giorni.

L'articolo 3 del decreto legislativo n. 28 è rubricato "Disposizioni di coordinamento processuale" e stabilisce modificazioni al codice di procedura penale che riguardano rispettivamente la pronuncia di proscioglimento prima del dibattimento e l'efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità.

Riguardo alla pronuncia ai sensi dell'articolo 469, viene aggiunto, dopo il comma 1, il comma 1 bis in cui è previsto che la sentenza di non doversi procedere possa essere pronunciata anche quando l'imputato non sia punibile ai sensi dell'articolo 131 bis del codice penale, previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa, se compare.

In relazione all'efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità, dopo l'articolo 651, viene aggiunto l'articolo 651 bis, che prevede l'efficacia di giudicato della pronuncia rispetto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. Per avere efficacia di giudicato, la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto deve essere irrevocabile ed essere pronunciata a seguito di dibattimento, ovvero a seguito di giudizio abbreviato, a norma dell'articolo 442, "salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato".

I primi commentatori della nuova normativa hanno già delineato i termini di una questione di legittimità costituzionale in relazione all'efficacia di giudicato della pronuncia di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, tenuto conto del contenuto della delega di cui al citato articolo 1, lettera m) che dispone l'esclusione di punibilità in commento "senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno".

Va evidenziato inoltre che la prevista efficacia di giudicato della pronuncia in sede penale si realizza pure se il danneggiato dal reato costituitosi parte civile non abbia accettato il giudizio abbreviato e non si sia espressamente opposto all'efficacia dell'eventuale pronuncia di proscioglimento per particolare tenuità.

L'efficacia di giudicato della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto interferisce poi con il principio di autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale, sancito al comma 2 dell'articolo 75 del codice di rito, prescindendo dalla partecipazione al giudizio penale del danneggiato dal reato.

L'articolo 4 del decreto legislativo n. 28 riguarda le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2012, n. 313, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, e prevede che la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità sia iscritta, o non iscritta nel certificato del casellario richiesto dall'interessato, come se fosse una sentenza di condanna. Infatti è disposto i) che siano iscritti nel casellario giudiziale i provvedimenti che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131 bis del codice penale e che detta iscrizione sia eliminata trascorsi dieci anni dalla pronuncia; ii) che nel certificato generale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano riportati i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131 bis del codice penale, quando la relativa iscrizione non sia stata eliminata.

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La scelta del legislatore appare chiaramente improntata all'esigenza di ridurre il numero di procedimenti con un istituto che, sul piano della politica criminale, rappresenta il primo colpo di piccone al caposaldo dell'obbligatorietà dell'azione penale. Siamo all'esordio della nuova disciplina e sarà da vedere come essa verrà recepita e applicata dalle Procure nazionali, ma di fatto è stato introdotto un primo criterio di discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale.

Dal punto di vista della difesa della persona sottoposta alle indagini, o dell'imputato, rimane da valutare se una pronuncia di proscioglimento per particolare tenuità del fatto sia o meno conveniente, tenuto conto che una sentenza di questo tipo comporta comunque l'accertamento del fatto di reato e viene iscritta nel casellario giudiziale.

Dal punto di vista della difesa della vittima, la nuova disciplina pare indurre a preferire la sede civile per agire in via risarcitoria così da non subire gli effetti del giudicato penale.

Come si evince anche dalla breve illustrazione che precede, la nuova normativa solleva molte questioni, sia per la difesa dell'imputato sia per la difesa della vittima. Ne abbiamo indicate alcune, ma altre se ne possono e se ne potranno aggiungere. Da parte nostra, ci ripromettiamo di raccogliere qui le voci di tutti gli interessati che vorranno manifestare il loro pensiero al riguardo.

In attesa di tornare sull'argomento, pensando che possa suscitare interesse e offrire spunti di riflessione, segnaliamo e pubblichiamo la sentenza del Tribunale di Milano con la quale è stato applicato il nuovo istituto in relazione ai reati ambientali. Ringraziamo l'estensore, il giudice, dottor Marco Formentin, che ha messo a disposizione la pronuncia non appena depositata in Cancelleria, e i difensori dell'imputato che hanno dato il loro assenso alla pubblicazione.

Emanuela Strina e Andrea Del Corno, avvocati in Milano


Clicca qui per il testo della legge 28 aprile 2014 n. 67
Clicca qui per il testo del decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28
Clicca qui per scaricare la sentenza del Tribunale di Milano, sezione X penale,  2 aprile – 4 maggio 2015
Clicca qui per scaricare la sentenza della Corte di Cassazione, sezione terza penale, 8 – 15 aprile  2015 n. 15449, citata anche nella pronuncia del Tribunale di Milano.