lunedì 29 aprile 2013

I COLLOQUI TRA L’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO E DI NIZZA

Il Centro Studi di Diritto Penale Europeo offre un'utile e interessante sintesi della VIII edizione degli incontri fra l'Ordine degli Avvocati di Milano e quello di Nizza tenutasi nella cittadina della Costa Azzurra il 12 e 13 aprile 2013 sul tema
La Francia e l'Italia davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
All'evento hanno partecipato delegazioni di avvocati, di entrambi i Paesi, docenti universitari, giovani studiosi.
Nelle conclusioni è stata sottolineata l'importanza di un costante dialogo tra i due Paesi, inteso quale irrinunciabile occasione di scambio e confronto di esperienze, da cui non possono che scaturire spunti utili ed efficaci ai fini dell'integrazione degli ordinamenti mediante l'armonizzazione delle normative nazionali.

CRIMINAL JUSTICE AND DISCRETIONARY JUSTICE

L'Università del North Carolina (UNC – School of Law) e quella di Warwick, insieme alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bologna e alla Fondazione Flaminia di Ravenna, 
con il coordinamento scientifico di Michele Caianiello, professore associato confermato di diritto processuale penale presso l'Università di Bologna
propongono
tre sessioni di studio
nell'ambito della
FIFTH CONFERENCE
The Future of Adversarial and Inquisitorial Systems
sul tema
CRIMINAL JUSTICE AND DISCRETIONARY JUSTICE
in RAVENNA presso la Sala Muratori della Biblioteca Classense in via Baccarini 3
17 e 18 maggio 2013
secondo il programma in allegato
L'evento formativo è accreditato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Ravenna
(3 crediti per sessione)
LA PARTECIPAZIONE E' LIBERA
È consigliata l'iscrizione presso la Segreteria Organizzativa
CARLA ROSSI – Fondazione Flaminia
Via Baccarini 27 – Ravenna – tel. 0544 34345
e-mail: crossi@fondazioneflaminia.it
Ai partecipanti sarà rilasciata l'attestazione di presenza




lunedì 22 aprile 2013

PAS. A colloquio con Claudia Cimmino

Dopo che la Corte di Cassazione ha messo in discussione la validità scientifica della PAS, la sigla che identifica la sindrome da alienazione parentale, un nuovo, drammatico caso di cronaca ci riporta sull'argomento. Ne torniamo a parlare con la dottoressa Claudia Cimmino, psicologa, psicoterapeuta, esperta in psicologia giuridica, c.t.u. del Tribunale di Milano, componente dello Studio di Psicologia Forense di Milano.

L'ultima pronuncia della Corte di Cassazione non pare aver posto fine al dibattito sulla PAS. Secondo lei, dottoressa Cimmino, ha ancora senso parlare di PAS?

Penso che la creazione di questa così detta "sindrome" sia stato (e forse per taluni tuttora sia) un tentativo, per soggetti privi di competenze psicoanalitiche, di definire situazioni la cui complessità necessita di un' indagine approfondita che a mio avviso può essere appannaggio solo di psicoterapeuti competenti.

In base alla sua personale esperienza, anche di c.t.u. del Tribunale di Milano, può spiegarci che tipo di vicende ha (ha avuto) modo di affrontare e quali, fra queste, possono riferirsi alla sindrome da alienazione parentale?

Nei casi con cui oggi ci confrontiamo in ambito psicologico-forense, sia come CTU che come CTP, la complessità della situazione coniugale e familiare è di quelle che, nella nostra esperienza ormai ventennale, costituiscono oramai più la regola che l'eccezione.
Potremmo dire che i figli "contesi" sono la dolorosa realtà delle separazioni coniugali: padri che si impongono in nome del diritto piuttosto che in nome dell'affettività; madri che usano spesso strategie caratterizzate dal ricatto affettivo, creando nei figli il così detto "problema di lealtà"; aggiramenti e pretestuosità che, data la loro funzione strumentale, mettono il genitore presso il quale il bambino è collocato in una posizione di vantaggio strategico.
Per non parlare poi del momento in cui ciascun coniuge tenta di rifarsi una vita di coppia e familiare che, in mancanza di reciprocità, crea nel genitore che non ha instaurato una nuova relazione di coppia, gelosie, timore di perdere l'amore del figlio ("amore" spesso esercitato dalla madre in maniera possessiva), timore di essere esautorati dal ruolo di genitore a seguito dell'avvento del nuovo partner del coniuge, e così via.

Qual è il suo personale convincimento riguardo alla PAS?

Il mio convincimento è che la separazione coniugale è una situazione che oggi si presenta sempre più complicata e che il deterioramento di un rapporto così importante come è quello tra un genitore e un figlio (il più delle volte, nella mia esperienza, tra un padre e un figlio) produce infatti nel bambino degli effetti negativi, spesso irreversibili, in quella che potremmo definire "l'ideologia di coppia" e "la concezione della famiglia" del bambino.
Credo che questo sia il punto centrale della questione.
Vi è anche il problema del "conflitto di lealtà" a cui accennavo prima, specie se la madre si presenta come vittima in una separazione che, nella maggior parte dei casi e al di là delle apparenze, è imputabile ad entrambi i coniugi.
Credo che l'importanza che, oggi più che mai, assume la Consulenza Tecnica nelle separazioni giudiziali deriva dal fatto che l'esperto è chiamato a dare sempre maggior peso al concetto di "funzione genitoriale".
Lo psicoanalista inglese Donald Meltzer ha dimostrato infatti, in uno studio commissionatogli dalla Comunità Europea, come l'esercizio delle funzioni genitoriali, a seconda della loro qualità, porti ad un esito estremamente diversificato in quella che definiamo l' "ideologia familiare".
Se le funzioni genitoriali positive portano ad un clima familiare nel quale sono centrali amore, tolleranza della depressione, speranza e capacità di riflessione, le funzioni genitoriali assenti o negative possono portare ad una famiglia così detta "rovesciata" nella quale sono dominanti perversione e psicosi, passando attraverso tipi di famiglia (a dominanza femminile o maschile) che esitano in pregiudizi esasperati di ciascun coniuge rispetto all'altro.
Mi rendo conto che il discorso è complesso, e magari non immediatamente accessibile per i non addetti ai lavori; d'altra parte è proprio per questo che ritengo che, a fronte di situazioni di separazioni coniugali sempre più problematiche, sia importante che il consulente tecnico abbia la preparazione necessaria per non dover utilizzare la "scorciatoia" di facili ma vuote definizioni - come la PAS, appunto - ma si impegni in un' indagine seria ed approfondita nell'interesse dei minori in essa coinvolti.


lunedì 15 aprile 2013

PAS. A colloquio con Giorgio Cavallari

Avviciniamo l'argomento della PAS, la sindrome da alienazione parentale, con Giorgio Cavallari, laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in psichiatria e in psichiatria forense, che ha approfondito - fra altro - la diagnostica clinica e le dinamiche famigliari in età evolutiva collaborando a lungo con la magistratura come c.t.u. presso il Tribunale di Milano e Monza nelle cause di separazione fra coniugi in cui erano più coinvolte le problematiche riguardanti l'affidamento dei figli.
D: Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione ha severamente criticato la PAS evidenziando "la necessità che il giudice di merito, ricorrendo alle proprie cognizioni  scientifiche /…/, ovvero avvalendosi di idonei esperti, verifichi il fondamento, sul piano scientifico di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale". Ci può spiegare che riferimenti scientifici ha la PAS?
R:  Il termine PAS significa Sindrome da Alienazione Parentale, e definisce una condizione in cui, dopo la separazione dei genitori, il figlio (o i figli)  subirebbero da parte di uno dei genitori una "pressione" psicologica, comportamentale, cognitiva ed emotiva che porterebbero il minore ad "alienare", cioè a rigettare emotivamente e a respingere sul piano del comportamento relazionale l'altro genitore, attaccandolo, evitando gli incontri con lui, attribuendogli responsabilità e colpe, finendo talvolta a viverlo come un nemico. 
La PAS non è,  attualmente, una condizione morbosa classificata come tale all'interno del sistema diagnostico più accettato nella comunità scientifica internazionale, che è il DSM, cioè il sistema di classificazione e definizione delle infermità mentali adottato dalla American Psychiatric Association a cui si adeguano anche i professionisti della salute mentale di altri paesi. Alcuni clinici ne ipotizzano la esistenza, ma le loro tesi non hanno raggiunto quell'ampio consenso necessario perché la PAS possa essere collocata, appunto, nell'elenco delle condizioni di infermità mentale. 
Tengo a precisare che questo è lo stato dell'arte attuale, e che la psichiatria, come gli altri rami della medicina, è in evoluzione continua sia per quanto riguarda la classificazione diagnostica che gli strumenti di intervento terapeutico.
D:  Prendendo spunto dal diritto del minore alla c.d. bigenitorialità affermato dall'art. 155 del codice civile [così come sostituito dalla L. 8 febbraio 2006 n. 54, n.d.r.], in un primo commento alla sentenza della Corte di Cassazione, i Giudici del Supremo Collegio sono stati invitati  "a non fermarsi alle apparenze, legate alla sterile polemica sulla terminologia della Pas quale sindrome riconosciuta o meno"; e ciò perché, secondo il commentatore, "chiunque metta in atto un comportamento che conforti il figlio a fare a meno di uno dei suoi due genitori, provoca al minore un vero e proprio 'fattore di rischio evolutivo', anticamera di una possibile evoluzione psicopatologica in età adulta".   Che ne pensa di questa opinione?
R:  E' opinione ampiamente condivisa nella comunità scientifica che la psicopatologia sia in età evolutiva che adulta abbia una genesi multifattoriale: si tratta di condizioni morbose che originano dal complesso interagire di fattori genetici, costituzionali, psicologici, ambientali, relazionali. 
Ritengo quindi che psichiatri e psicologi che svolgono attività di periti e di consulenti in ambito forense debbano essere molto cauti, quando esprimono i loro pareri  tecnici, ad esempio nell'affermare che un determinato comportamento di un genitore è la "causa" di una patologia emersa nella prole in età evolutiva ed adulta. Questo vale per la PAS, e anche per altre condizioni. 
Precisato questo, ritengo sia alla luce delle conoscenze teoriche che dell'esperienza clinica che in ogni caso si debba evitare la marginalizzazione di un genitore dalla vita relazionale di un minore, salvo casi di grave necessità imposta dal rilievo, nel genitore escluso, di comprovata patologia mentale che si esprime in comportamenti palesemente pregiudizievoli per il figlio. 
Entrambi i genitori sono un "patrimonio" umano, affettivo, relazionale di cui un minore ha diritto, sia prima che a maggior ragione dopo una separazione, e tale patrimonio è prezioso per uno sviluppo psico-fisico e relazionale il più possibile sano. 
Contrastare la  "alienazione" di un genitore da parte dell'altro è un obiettivo a cui i giudici togati, i giudici onorari, consulenti tecnici del tribunale non possono rinunciare, e per fare questo non è necessario che la PAS sia definita formalmente dal punto di vista psicopatologico.
DRiferendoci alla sua esperienza di c.t.u. presso il Tribunale di Milano e Monza e senza entrare nel merito di alcun caso specifico, ritiene che se fosse riscontrata in concreto, la PAS potrebbe costituire una valida base per decidere a quale dei due genitori affidare i figli? In altri termini, ritiene che, da un punto di vista metodologico, la PAS possa costituire una buona "bussola"  per individuare il genitore più idoneo ai fini dell'affidamento dei figli?
R: Personalmente ritengo che nei provvedimenti  di affido la "valida base" esista già, e non credo che la introduzione della PAS possa modificarne di molto la sostanza. 
In estrema sintesi, il principio guida deve essere il seguente: un adulto anche con figli ha il diritto di separarsi dal proprio partner, ma non quello di "separare" i figli minori dallo stesso, indipendentemente dalle ragioni, per lui (o per lei) anche molto cariche di dolore e di rancore, che possono avere portato alla fine del rapporto.  
Più volte in ambito peritale mi sono trovato a proporre, e purtroppo quando necessario a consigliare  l'imposizione, del fatto che un atteggiamento empatico, rispettoso dell'umanità e delle esigenze educative dei propri figli deve vietare a chiunque di farli diventare gli "ex figli" dell'ex partner. 

domenica 14 aprile 2013

L’EDUCAZIONE AL RISPETTO


L'articolo di Anna Maria Speroni apparso la settimana scorsa su IO DONNA dava conto dell'iniziativa promossa da INDIFESA di Terre des Hommes contro la violenza di genere, prendendo spunto dalle convinzioni espresse da alcune centinaia di allievi, tra maschi e femmine, di scuole medie inferiori milanesi, raccolte in un sondaggio dal Centro Soccorso Rosa: "un uomo non maltratta senza motivo: la donna avrà sicuramente fatto qualcosa per provocarlo " (31%), "se una donna viene maltrattata di continuo, la colpa è sua perché continua a vivere con chi la maltratta" (20%), "a volte la violenza è l'unico modo per esprimere i propri sentimenti" (21%), "nella nostra società il ruolo della donna è principalmente quello di madre" (68%).
Qualche giorno fa, su corriere.it, è apparsa la notizia di una ragazza canadese che si è impiccata dopo che la foto dello stupro subito è stata postata su facebook.
La recente cronaca romana ha registrato il caso del liceo artistico Caravillani in cui un'insegnante ha insultato una studentessa ebrea che appariva distratta (ma che in realtà aveva una forte emicrania) dicendole: "ad Auschwitz saresti stata attenta".
La totale mancanza di rispetto per se stessi e verso l'altro pare essere il minimo comun denominatore di questi casi.
Se tuttavia è vero che "Non è mai troppo presto per educare al rispetto" (IO DONNA), c'è da chiedersi quanto presto debba iniziare il processo educativo.
Il rispetto è il valore che ognuno dovrebbe poter acquisire sin dal primo respiro vitale, a prescindere da genere, religione o etnia. Come si trasmette sin dall'asilo nelle scuole montessoriane, il cui metodo continua a riscuotere successo e apprezzamento ovunque, anche dove maggiore è il disagio e l'emarginazione sociale, tanto da esser stato applicato in funzione anti bullismo in Gran Bretagna, in una scuola statale di Manchester, nel quartiere più a rischio della città, registrando un miglioramento significativo della frequenza, del profitto e del comportamento sociale (Antonella De Gregorio su Corriere.it).
Il Comitato Provinciale di Bergamo dell'UNICEF organizza da qualche anno "A scuola di diritti e doveri", un corso "di legalità penale pensato e realizzato per i ragazzi dalla 5° elementare alla 3° media", con il quale sostiene la propria campagna "Vogliamo zero", avvalendosi di avvocati del Foro di Bergamo che prestano la loro opera volontariamente e gratuitamente, coordinati dall'avvocato Rita Duzioni che è il responsabile giuridico dell'iniziativa.
Ma non è mai nemmeno troppo tardi per educare al rispetto bambini e adulti, allievi e insegnanti.



lunedì 8 aprile 2013

UNO SGUARDO DI GENERE SULLE PROFESSIONI: resoconto del convegno 1° marzo 2013


Il programma del convegno "Uno sguardo di genere sulle professioni"  1963 - 2013 è stato pubblicato su questo blog il 26 febbraio 2013.
Di seguito pubblichiamo il resoconto pervenutoci da Unità per la Costituzione - Distretto di Milano.

Il 1 marzo 2013 si è tenuto presso l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Milano il convegno Uno sguardo di genere sulle professioni” organizzato da Unità per la Costituzione – sezione di Milano, con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, in occasione del cinquantenario dell’entrata in vigore della Legge n. 66/1963, che ha consentito l’accesso delle donne a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura.

I lavori del Convegno, cui hanno partecipato oltre 500 persone, sono stati coordinati da Giovanna Di Rosa, componente del CSM, e sono stati preceduti dai saluti del Presidente della Corte d’Appello di Milano, in persona di Maria Grazia Bernini, la quale ha ricordato le presenza femminili in Corte d’Appello; l’Avv. Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, dal canto suo, ha evidenziato l’importanza del ruolo delle donne nell’Avvocatura anche attraverso la recente introduzione dei Comitati per le Pari Opportunità presso i singoli Consigli dell’Ordine.

Ha aperto i lavori Livia Pomodoro, Presidente del Tribunale di Milano che, entrata in magistratura nel secondo concorso bandito dopo l’entrata in vigore della L. 66/63, ha raccontato la propria esperienza evidenziando l’entusiasmo che ha caratterizzato il suo ingresso e le perplessità manifestate da qualche collega sul ruolo della donna in magistratura, a causa delle naturali scelte di vita familiare che la stessa va a svolgere. La Presidente Pomodoro, ricordando che, purtroppo, ogni giorno tante donne vedono calpestare la loro dignità sia all’interno della famiglia sia nei luoghi di lavoro, ha concluso il suo intervento con un forte appello a che cessi la violenza sulle donne.

Giuseppina Casella, componente del Csm, ha approfondito le problematiche relative alla presenza attuale delle donne negli uffici giudiziari e, in particolare, alle difficoltà per le stesse di ricoprire incarichi direttivi e semidirettivi. Ha rammentato che, se nell’ambito degli 8949 magistrati in servizio 4209 sono donne (pari ad una percentuale del 47% del totale), i posti direttivi e semidirettivi sono ancora per la maggior parte riservati agli uomini, i quali ricoprono l’81% dei primi ed il 70% dei secondi. Percentuali che, nella magistratura requirente, addirittura salgono, rispettivamente, all’89% e all’86%; ed ha osservato che il divario di genere è ancora più evidente negli organismi istituzionali, con particolare riferimento al CSM. Ha, quindi, individuato le ragioni di tale complessivo deficit rappresentativo sia in un sistema sociale che ancora oggi pone gli oneri di cura a carico solo della donna sia, più in generale, in una perdurante assenza di cultura della parità. Ha rilevato altresì, la necessità che l’Organo di governo autonomo, attraverso il Comitato per le Pari Opportunità in Magistratura e la Rete dei Comitati per le Pari Opportunità delle professioni legali, adotti politiche le quali, tenendo conto che il carico familiare è maggiormente sopportato dalle donne, siano realmente idonee a superare ogni ulteriore ostacolo al pieno conseguimento delle pari opportunità fra i generi in Magistratura. Più in generale, ha ricordato come, grazie alla recente riforma dell’art. 51 Cost., le pari opportunità rappresentano un diritto costituzionalmente garantito, finalizzato, tra l’altro, a consentire (finalmente) all’Italia di utilizzare appieno una parte importante del suo capitale umano: le donne.

Cristina Marzagalli, componente dell’A.N.M., ha confrontato i dati relativi alla presenza delle donne ai vertici degli uffici giudiziari con quelli relativi agli altri settori della P.A. evidenziando che, nonostante vi sia una percentuale femminile elevata fino alle posizioni medio-alte, il dato si inverte nelle posizioni di vertice con ricadute negative sull'entità della retribuzione. Infatti, se ad oggi il 20% dei magistrati amministrativi è donna (94 su 461), non vi sono donne tra i Presidenti TAR, Presidente Aggiunto o di sezione del CdS. Solo 5 donne hanno incarico di Presidente di sezione interna o staccata di TAR. Nella magistratura contabile il 29% è donna (132 su 455) ma solo 7 hanno incarichi direttivi tra i giudicanti e solo 3 sono procuratori regionali. Egualmente su 910 diplomatici, le donne sono 168 e tra queste, le ambasciatrici sono solo 2 a fronte di 32 ambasciatori. Positivo è il dato che emerge dagli organi rappresentativi dell'ANM ove vi sono 12 componenti donne su 36 del CDC, e 5 componenti su 9 della GEC.

Significative le testimonianze offerte da Silvia Carozzo, Dirigente della Squadra Mobile di Varese, e da Manuela Federico, prima donna al Comando della Polizia Penitenziaria del carcere di Milano – San Vittore: le loro riflessioni circa le modalità con cui svolgono lavori un tempo riservati agli uomini, hanno evidenziato la consapevolezza di gestire il proprio ruolo non mutuando modelli maschili di rigidità, ma con la forza della ragione e dell’autorevolezza.

Il confronto tra la realtà degli uffici pubblici e il settore privato è stato ben affrontato da Paola Cavallero amministratore delegato in Italia della multinazionale Nokia, che ha descritto una esperienza aziendale progredita nella questione di genere ponendo in luce che il raggiungimento di una effettiva parità è reso possibile da un atteggiamento culturale che considera le donne una risorsa al pari degli uomini e si realizza con l’attuazione di misure concrete di conciliazione dei tempi del lavoro e della famiglia.

Nella seconda sessione sono stati trattati alcuni aspetti specifici sul tema delle discriminazioni.
La dottoressa Angela Ianni Palarchio, biologa e docente presso l'Università di Torino, ha spiegato come la Medicina di Genere sia un nuovo approccio alla medicina che attraversa tutte le specialità con la finalità di studiare l’influenza del sesso e del genere su fisiologia, fisiopatologia e patologia umana. In molti campi della medicina (oncologia, immunologia, metabolismo, trapianti, nefrologia, farmacologia ecc.) le conoscenze sono state acquisite ponendo a prototipo l’individuo di sesso maschile laddove la scienza ha dimostrato che diversa è la prevenzione e la terapia per entrambi i sessi.

Angela Scalise, magistrato, ha trattato il fenomeno della violenza sulle donne dall’angolo visuale del magistrato che, nello svolgimento delle funzioni di P.M. e di giudice, ha dovuto misurarsi con le complesse problematiche poste dai processi per violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. La dottoressa Scalise ha evidenziato la necessità di incentivare le strutture di aiuto psicologico, legale ed economico alle vittime, che ancor oggi hanno paura a presentare denuncia, e al contempo individuare percorsi specifici di riabilitazione sugli autori dei reati per evitare la recidiva.

Dopo la professoressa Bianca Beccalli che ha sintetizzato l’analisi sociologica sull’evoluzione della questione femminile dagli anni sessanta ad oggi, Ilaria Perinu, Pubblico Ministero, ha illustrato le tappe fondamentali che nell’arco di un secolo sono state percorse nell’ambito delle pari opportunità, evidenziando i passaggi dal fascismo, in cui la donna operaia era tutelata dalla legge solo in quanto madre dei figli della Nazione, agli anni 50 in cui la donna diviene oggetto di tutela in quanto portatrice di valore in sé, sino agli anni 70 in cui, grazie anche al dibattito culturale in corso nella società, la donna ottiene il riconoscimento dell’eguaglianza formale dentro la famiglia e sul luogo di lavoro. Infine si auspica che gli anni 2000 siano forieri di nuovi modelli organizzativi ispirati alla condivisione tra i generi sia dei ruoli che delle responsabilità.

Nell’ambito della sessione sulla solidarietà femminile Luisa Della Morte, Presidente della Cooperativa Alice ha illustrato le iniziative imprenditoriali attuate nelle carceri di Milano – San Vittore e di Bollate con il coinvolgimento delle donne detenute, che costituiscono strumenti fondamentali per il reinserimento sociale. L’I.C.AM (Istituto a custodia attenuata per le mamme) di Milano, grazie alla scuola di cucina attiva presso l’Istituto, ha preparato un rinfresco per i partecipanti, quale segno di riscatto sociale, ma anche quale offerta di lavoro e reinserimento.

Il convegno, con la varietà delle professionalità intervenute, ha costituito un’occasione per riflettere insieme sulla questione di genere, apparsa ancora profondamente attuale.

E’ compito di tutti, uomini e donne, perseguire l’effettiva parità di diritti e di opportunità attraverso la concreta attuazione degli strumenti normativi esistenti che – come ha sottolineato con forza Giovanna Di Rosa – non saranno mai sufficienti, se non accompagnati da un rinnovamento culturale condiviso e sincero. La presa d’atto di un’economia di mercato in crisi e privata dell’apporto fondamentale delle donne e la necessità di uno Welfare State che favorisca le agevolazioni e gli sgravi fiscali per conciliare le diverse fasi della vita di una donna con le esigenze della società, accanto alla consapevolezza del ruolo sociale della famiglia come carico dell’intera collettività, sono temi su cui occorre ancora lavorare. Le recenti novità nel panorama parlamentare, che hanno registrato un positivo aumento di presenze femminili tra gli eletti e la considerazione che il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità della nazione, secondo la stessa Costituzione, hanno indotto Giovanna Di Rosa a concludere con l’auspicio che alla prossima Presidenza della Repubblica sia finalmente nominata una donna.

domenica 7 aprile 2013

BULLISMO ONLINE

Dal CORRIERE DELLA SERA - Cronaca di Milano - Domenica 7 aprile 2013
segnaliamo l'articolo di Alessandra Dal Monte

BULLISMO ONLINE, IN ANSIA UN GENITORE SU 2

che dà conto di un convegno sui rischi della rete tenutosi presso l'Istituto Cavalieri di via Olona, cui hanno partecipato moltissimi fra mamme e papà: 270 iscritti da tutta la Provincia. Tra i relatori: una criminologa, un esperto di sistemi informatici, rappresentanti della Polizia postale e dell' Ufficio minori della Questura.

L'evento si inserisce nel programma"Web in cattedra", un ciclo di incontri sull'uso corretto della rete finora riservato ai docenti, che l'Ufficio scolastico regionale ha aperto ai genitori, raccogliendo le loro preoccupazioni e rispondendo alla richiesta di maggiore informazione sull'argomento: a Milano e in Lombardia l'attenzione è alta su adescamenti, foto imbarazzanti pubblicate sui social network, siti che inneggiano alla violenza.

Molti conoscono il fenomeno del cyberbullismo, il pericolo della diffusione online con messaggi e immagini di pettegolezzi e falsità tra coetanei: "la Lombardia è la seconda regione d'Italia dopo il Trentino per accesso al web, è connesso il 60,4% delle famiglie e se c'è un minore il dato sale al 79%", così si legge nell'articolo.

"Più la Rete è usata, più si alza il livello d'allarme.", prosegue Alessandra Dal Monte.

Secondo un' indagine Eurispes/Telefono Azzurro, nel 2012 in Italia un bambino su quattro è stato vittima di cyberbullismo.

La dirigente dell'Ufficio scolastico, Silvana Massobrio, ha preannunciato che a settembre saranno proposte tre giornate di "Web in cattedra" solo per genitori. In attesa, le mamme e i papà si ingegnano come possono: alcuni non svelano la password del computer ai figli e navigano insieme a loro, altri hanno installato un programma di "parental control" sul pc di casa per monitorare gli accessi alla rete dei figli, molti dei quali, però, si muovono in rete utilizzando lo smartphone.

Il consiglio, riportato nell'articolo, di Fabiola Trefiletti della Polizia Postale di Milano è di non regalare ai giovanissimi telefoni connessi alla rete. E comunque, per diminuire i rischi di adescamenti, cyberbullismo e truffe i genitori debbono imporre regole, utilizzare i meccanismi di controllo e, soprattutto, parlare ai figli dei pericoli del web. "Perché oltre che vittime i ragazzi sono potenziali carnefici: l'insulto scritto sulla pagina del compagno, se denunciato, può trasformarsi in reato".

Meglio sapere, dunque, e speriamo che l'iniziativa lombarda si diffonda a livello nazionale e si estenda oltreché ai genitori anche ai ragazzi.


mercoledì 3 aprile 2013

L'IMMANE CONCRETEZZA DELLA VITTIMA


L'IMMANE CONCRETEZZA DELLA VITTIMA: "BUONA PRATICHE" E SVILUPPI NORMATIVI ALLA LUCE DELLA DIRETTIVA 2012/29/UE IN MATERIA DI DIRITTI, ASSISTENZA E PROTEZIONE DELLE VITTIME DI REATO

Seminario internazionale nell'ambito del progetto di ricerca europeo Good Practices for protecting victims inside and outside the criminal process finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma Criminal Justice (JUST/2011/JPEN/AG/2901)

BOLOGNA 12 APRILE 2013
Facoltà di Giurisprudenza - via Zamboni, 22
Sala Armi
ore 9.00 - 18.30

EVENTO FORMATIVO ACCREDITATO DAL 
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BOLOGNA 
N. 8 CREDITI FORMATIVI

per iscrizioni: bologna@protectingvictims.eu

Segreteria scientifica: dott.ssa Silvia allegrezza, dott.ssa Stefania Martelli,
dott. Guido Todaro (0039-339 7926594)

www.protectingvictims.eu

Il programma è disponibile anche sul sito di Diritto Penale Contemporaneo



LA RIFORMA DELLE IMPUGNAZIONI CIVILI: ESPERIENZA TEDESCA E ITALIANA A CONFRONTO


LA RIFORMA DELLE IMPUGNAZIONI CIVILI:
ESPERIENZA TEDESCA E ITALIANA A CONFRONTO

lunedì 22 aprile 2013

Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Milano
(via Freguglia 1 - Milano)

n. 5 crediti formativi - quota di iscrizione 30,00 euro

un convegno organizzato da

SCUOLA SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Struttura Didattica Territoriale
del distretto di Milano

con il patrocinio

Ordine degli Avvocati di Milano
UAE - Unione Avvocati Europei

Il programma, la presentazione del convegno e le indicazioni per l'iscrizione 
sono disponibili anche sul sito del Centro Studi di Diritto Penale Europeo