giovedì 24 ottobre 2013

FEMMINICIDIO: la conversione del decreto

Il decreto – legge 14 agosto 2013 n. 93 è stato convertito nella legge 15 ottobre 2013 n. 119 recante "disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché  in tema di protezione civile e di commissariamento delle provincie".


Rosa mystica
In questo post ci si occuperà delle sole norme introdotte sulla base delle indicazioni contenute nella Convenzione di Istanbul dell'11 maggio 2011, ratificata dal Parlamento con legge del 27 giugno 2013 n. 77, che riguarda la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e quella in ambito domestico. Proponiamo perciò un esame sintetico della legge n. 119 (entrata in vigore il 16 ottobre 2013) e, in particolare, del capo I di essa, che concerne la prevenzione e il contrasto della violenza di genere.


L' articolo 1 è rubricato " norme in materia di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori" e stabilisce:
-           inasprimenti di pena nei casi in cui le condotte che integrano le ipotesi di reato indicate in rubrica sono poste in essere: 
i)        in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero di persona in stato di gravidanza;
Cinque rossi più uno 

ii)      nei confronti  di persona che non ha compiuto gli anni
diciotto della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche
adottivo, il tutore;
iii)     nei confronti di donna in stato di gravidanza;
iv)    nei confronti di persona della quale il colpevole sia coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa
persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza;
-          la comunicazione al tribunale per i minorenni anche ai fini
dell'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 155 (Provvedimenti riguardo ai figli) e seguenti, nonché 330 (Decadenza dalla potestà sui figli)  e 333 (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli) del codice civile quando si procede per taluno degli stessi delitti di cui sopra in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore;
-          con specifico riferimento al delitto di stalking (o atti persecutori),  1) l'estensione dell'applicazione delle aggravanti  ai fatti di reato commessi dal coniuge (in costanza di matrimonio) o a quelli da chiunque commessi attraverso strumenti informatici o telematici;  2) la remissione della querela soltanto processuale;  3) l'irrevocabilità della querela se il fatto è commesso mediante minacce gravi e reiterate (per esempio, con armi o da persona travisata);  4) l'adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni nei casi in cui era precedentemente rimessa al questore una valutazione sull' "eventuale adozione" di detti provvedimenti;
-          l'estensione delle misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori alle vittime di maltrattamenti e violenza sessuale, con specifico riferimento all'obbligo posto in capo alle forze dell'ordine, ai presidi sanitari e alle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima la notizia di reato  1) di fornire alla medesima tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima e 2) di mettere la vittima in contatto con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta.

L'articolo 2 contiene modifiche al codice di procedura penale e disposizioni concernenti i procedimenti penali per i delitti contro la persona e prevede, in particolare:
Sottobraccio a L'Impossible
-          l'informazione alla persona offesa  - da parte del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al momento dell'acquisizione della notizia di reato - della facoltà di nominare un difensore e della possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato;
-          l'estensione della possibilità di disporre l'intercettazione di conversazioni, o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazioni , ai casi nei quali si procede per le ipotesi di stalking, lesioni  (limitatamente a quelle procedibili d'ufficio  o comunque aggravate), violenza sessuale di gruppo e minaccia aggravata;
-          obblighi di comunicazione ai servizi socio-assistenziali e al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa dell'adozione di misure cautelari personali (allontanamento dalla casa familiare, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, divieto e obbligo di dimora, arresti domiciliari, custodia cautelare in carcere, custodia cautelare in luogo di cura);
-          obbligo di notificazione delle richieste di revoca o sostituzione delle misure cautelari personali , a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa, o in mancanza di questo, alla persona offesa;  possibilità per il difensore e la persona offesa  di presentare memorie entro due giorni dalla notifica;
-          estensione dei casi di arresto obbligatorio in flagranza ai delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori;
-          la nuova previsione della possibilità di disporre, da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (previa autorizzazione del pubblico ministero),  l'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa (art. 384 bis) di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'art. 282 –bis, comma 6 (violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, violenza sessuale, corruzione di minorenne), ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita  o l'integrità fisica o psichica della persona offesa; con l'obbligo di informazione, da parte della polizia giudiziaria, riguardo ai centri antiviolenza presenti sul territorio (come indicato all'art. 1);
-          l'estensione della possibilità di assumere sommarie informazione da persone minori  avvalendosi dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero, nei reati di maltrattamenti e stalking;
-          l'estensione dell'applicazione delle c.d. modalità protette ai casi di assunzione della prova nelle indagini che riguardano l'ipotesi di reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi in cui siano coinvolti soggetti minorenni;  nonché all'esame di persona offesa  maggiorenne che versa in condizioni di particolare vulnerabilità;
-          l'estensione a venti giorni del termine per proporre opposizione alle richieste di archiviazione nei procedimenti  per i delitti commessi con violenza alla persona;
-          l'estensione della notificazione dell'avviso di conclusione per le indagini preliminari (art. 415 –bis) al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, quando si procede per i reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi e atti persecutori;
-          la previsione della priorità assoluta ai processi per maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori nella formazione dei ruoli d'udienza e trattazione dei processi;
-          l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per le vittime di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori, nonché mutilazione degli organi genitali femminili, anche in deroga ai limiti di reddito previsti dalla normativa vigente.

L'articolo  3 è rubricato "misura di prevenzione per condotte  di violenza domestica" e dispone:
Cistus
        -          la definizione di violenza domestica nei seguenti termini:  "uno o più atti , gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima";
       -          l'ammonimento dell'autore del fatto da parte del questore nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato in forma non anonima un fatto riconducibile ai reati di percosse e lesioni nell'ambito di violenza domestica; le generalità del segnalante debbono essere omesse in ogni atto del procedimento;
-          l'estensione dell'applicazione della norma sull'ammonimento prevista per il delitto degli atti persecutori, integrata dalla possibilità per il questore di chiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento la misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi;
-          l'estensione alla vittima di violenza domestica degli obblighi di informazione posti in capo alle forze dell'ordine, ai presidi sanitari e alle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima la notizia di reato  1) di fornire alla medesima tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima e 2) di mettere la vittima in contatto con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta;
-          l'obbligo di informazione del questore nei confronti del destinatario dell' ammonimento circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze (individuati dal Piano di all'articolo 5 di cui infra), finalizzati a intervenire nei confronti di autori di violenza domestica o di genere.

L'articolo  4 è dedicato alla tutela per gli stranieri vittime di violenza domestica e prevede:
-           il rilascio da parte del questore (con il parere favorevole dell'autorità giudiziaria), a determinate condizioni, di un permesso di soggiorno agli stranieri vittime di violenza domestica per finalità di protezione;
Firmamento
-          la revoca  del permesso di soggiorno in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalata dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dai servizi sociali (centri antiviolenza, servizi sociali assistenziali, servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza), o comunque accertata dal questore, ovvero quando vengono meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio;
-          la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di rito (c.d. patteggiamento), per uno dei delitti contemplati nella normativa in esame e commessi in ambito di violenza domestica;
-          l'estensione dell'applicazione delle disposizioni, in quanto compatibili, ai cittadini di Stati membri dell'unione europea e ai loro familiari.

Gli articoli 5 e 5 – bis riguardano il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e le azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugi.  In particolare:
-          l'elaborazione del Piano è demandato al Ministro delegato per le pari opportunità, con il
             contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta                          contro la violenza e dei centri antiviolenza;
-          il Piano si pone l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale e persegue le      seguenti finalità:
Anteros
i)    prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso  l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne e nella soluzione dei conflitti interpersonali;
ii)   sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione  e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche attraverso l'adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi;
iii)  promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed exrta-curricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione , l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo;
iv)  potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenze e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei  servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza;
v)   garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking;
vi)  accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
vii) promuovere lo sviluppo e l'attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva;
viii) prevedere una raccolta strutturata e periodicamente aggiornata, con cadenza almeno annuale, dei dati del fenomeno, ivi compreso il censimento dei centri antiviolenza, anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti;
ix)  prevedere specifiche azioni positive che tengano anche conto delle competenze delle amministrazioni impegnate nella prevenzione, nel contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e di stalking e delle esperienze delle associazioni che svolgono assistenza nel settore;
x)   definire un sistema strutturato di governante tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio; 

Amor omnia vincit
-          al fine di dare attuazione a quanto previsto riguardo al Piano, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio;
-          il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le ragioni e le province autonome di Trento e Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse; le regioni destinatarie delle risorse oggetto di riparto presentano al Ministro, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione concernente le iniziative adottate nell'anno precedente a valere sulle risorse medesime; sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, il Ministro presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate;
-          i centri antiviolenza e le case – rifugio, alle quali è garantito l'anonimato, sono promossi da:
i)   enti locali, in forma singola o associata;
ii)  associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle vittime di violenza;
-          i centri antiviolenza e le case – rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali;
-          è previsto che si adotti un approccio integrato alle fenomenologie della violenza nelle formazione delle figure professionali dei centri antiviolenza e delle case – rifugio.

L'iter normativo sfociato nella legge n. 119 ha suscitato reazioni talora opposte.
Le donne lo hanno testimoniato chiaramente in alcuni post pubblicati sul blog della 27esima ora del Corriere della Sera  (cui rinviano i link in fondo): da quello di Barbara Spinelli, avvocata esperta di femminicidio, che affronta i profili più strettamente tecnici delle nuove regole, alle diverse prese di posizione su queste ultime espresse dalle donne di Se non ora quando – Factory rispetto a quelle di Se non ora quando – Libere.

E' peraltro certo che nuovi elementi di riflessione e critica sull'argomento scaturiranno giorno dopo giorno dalla concreta applicazione del complesso legislativo appena introdotto ai fatti di cronaca quotidiana che i media non mancano di registrare, dandone doverosamente conto.    



Per scaricare:
la Convenzione di Istanbul clicca qui
la legge di ratifica della Convenzione clicca qui
il testo coordinato della legge n. 119 con le disposizioni del decreto- legge n. 93 clicca qui

Per leggere dal blog della 27esima ora del Corriere della Sera:
il post dell'avvocata Barbara Spinelli clicca qui
il post di Se non ora quando - Libere clicca qui
il post di Se non ora quando - Factory clicca qui

Le foto di questo post sono di Gianna Tarantino e i titoli di Luigi Turinese

martedì 15 ottobre 2013

SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO: il richiamo alla politica

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dell'avvocato Andrea Del Corno sulla posizione espressa dalla Corte Costituzionale riguardo alle questioni sottoposte dai tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano.

È del 9 ottobre 2013  la decisione della Corte Costituzionale di respingere, perché giudicate inammissibili,  le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Sorveglianza di Venezia e di Milano, dirette a consentire alla magistratura di sorveglianza il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena (previsto dall'art. 147 codice penale), oltre che nelle ipotesi previste dalla legge, anche nel caso in cui quest'ultima non potrebbe che svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità.

Il ricorso alla Corte Costituzionale dei Tribunale di Sorveglianza di Venezia e Milano era fondato sulla grave situazione di sovraffollamento carcerario e quindi sulle condizioni di vita in carcere non più rispettose della previsione della costituzione e delle norme europee in materia.
Si legge nel comunicato stampa emesso dalla Consulta che "la Corte ha ritenuto di non potersi sostituire al legislatore essendo possibili una pluralità di soluzioni al grave problema sollevato dai rimettenti, cui la stesso legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile. Nel caso di inerzia legislativa la Corte si riserva, in un eventuale successivo procedimento di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l'esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità".
La questione sul campo è drammatica e tratta dell'assunzione (o meno) da parte del Parlamento, dei provvedimenti di amnistia e indulto di sua competenza e che non possono ad oggi essere sostituiti con altri, adottati dal potere giudiziario, quale "potere vicario" di una politica sino ad ora sostanzialmente attendista sul punto.
Come è noto l'indulto condona, a determinate condizioni e solo per una certa parte, la pena da eseguire, mentre l'amnistia prevede l'estinzione del reato; anche quest'ultimo provvedimento può essere limitato ed escludere alcuni reati dal suo ambito di applicazione. L'effetto della loro adozione sarebbe comunque una riduzione della popolazione carceraria e l'abbattimento di molti procedimenti penali in corso.
Si può intravvedere in questa decisione della Consulta una presa di posizione che riflette il monito del Capo dello Stato di qualche giorno fa sul tema del condono (così l'indulto altrimenti detto) e dell'amnistia, ma è certo che il livello di guardia è stato superato e che un paese civile non può rimanere inerte di fronte alle prescrizioni espresse dalla Corte di Strasburgo sulle condizioni dei carcerati nel nostro paese.
E' noto che le condizioni di vita dei detenuti sono in Italia drammatiche. E' stata pubblicata di recente sul Corriere della Sera l'intervista angosciante di una persona incarcerata per diversi giorni, che descrive cosa accade all'interno delle mura di una casa circondariale e il fatto che le condizioni di vita al suo interno, per il sovraffollamento, sono al limite dell'impossibile.
Il richiamo della Consulta sul tema del sovraffollamento carcerario sembra quindi rivolto in primo luogo alla politica, perentoriamente riportata al proprio lavoro, quello di valutare concretamente provvedimenti che consentano di riportare la detenzione carceraria ad un livello che tenga conto della sentenza della CEDU, che ha condannato lo Stato Italiano per la situazione all'interno delle nostre carceri.

Nel paese delle riforme virtuali, cioè di quelle solo annunciate e di quelle effettivamente mai applicate, il messaggio del Capo dello Stato e la recente pronuncia della Consulta suonano quindi come un forte campanello che richiama l'attenzione anche su un sistema che è al collasso per il problema dell'eccessiva durata dei processi (pur così frequentemente stigmatizzata) dovuta in massima parte all'esorbitante numero di quelli pendenti.

Si pensi che un processo penale impegna la vita di un cittadino per circa 6 anni (in alcuni Tribunali anche di più). Il che depotenzia l'efficacia deterrente della norma penale, che non è applicata in modo rapido e può rendere un incubo la vita di un cittadino, sia che questi venga al fine assolto sia che dopo questo lasso di tempo vi sia ancora il problema dell'esecuzione della pena, che, se detentiva, ricade nelle problematiche più sopra evidenziate.
In questa condizione i provvedimenti invocati da Napolitano sembrano essere ad oggi l'ultima spiaggia per risolvere le conseguenze di una ipertrofica creazione di fattispecie di reato voluta dal legislatore nel corso del tempo, realizzata da un sistema che ha ricercato nella norma penale il surrogato di un'autorevolezza politica e amministrativa carente, accompagnata e aggravata da una cronica inadeguatezza di strutture e carenza di personale.
Per chi è detenuto, l'immediato è questione di oggi e non più di domani, ma una depenalizzazione e un investimento nel campo della giustizia in termini di strutture e organico sono di fatto gli unici strumenti che possono rappresentare una chance perché non ci si ritrovi ancora in queste condizioni in un prossimo futuro.
Andrea Del Corno, avvocato in Milano




lunedì 14 ottobre 2013

SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO: no al rinvio dell’esecuzione della pena

PalaGius ha dato conto nei post del 20 febbraio e 22 marzo delle due ordinanze con le quali i tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano chiedevano alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla possibilità di differire l'esecuzione della pena detentiva oltre l' unica ipotesi attualmente prevista della "grave infermità fisica", in tutti quei casi in cui la carcerazione non potrebbe che avvenire in condizioni inumane e degradanti, in base a quanto stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella sentenza del gennaio scorso.

A una manciata d'ore dal messaggio in tema di sovraffollamento carcerario inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, all'esito della camera di consiglio, la Corte ha dichiarato in un comunicato stampa di non potersi sostituire al legislatore  - che pure dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile al grave problema sollevato dai remittenti -  ma di essere pronta a intervenire, "in caso di inerzia legislativa" e se successivamente adita, per "far cessare l'esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità". 

Una presa di posizione ferma,  assunta quasi contestualmente alla riflessione del Presidente Napolitano, che si era spinto a considerare che "/…/ Il possibile accoglimento della questione [posta dai citati tribunali di sorveglianza, n.d.r.] da parte della Corte costituzionale avrebbe consistenti effetti sulla esecuzione delle condanne definitive a pene detentive.". Anche se il messaggio del Capo dello Stato aveva indicato tre strade "da percorrere congiuntamente":
1.  RIDURRE IL NUMERO COMPLESSIVO DI DETENUTI ATTRAVERSO INNOVAZIONI DI CARATTERE STRUTTURALE, quali i) l'introduzione di meccanismi di probation; ii) la previsione di pene limitative della libertà personale, ma non "carcerarie"; iii) la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere; iv) l'accrescimento dello sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine; v) l'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria, tema su cui è intervenuto il dl n. 78 (vedi il post del 9 luglio) convertito nella legge n. 94 del 2013; vi) una decisiva depenalizzazione dei reati  "per i quali la previsione di una sanzione diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione generale non minore";
2.  AUMENTARE LA CAPIENZA COMPLESSIVA DEGLI ISTITUTI PENITENZIARI, argomento sul quale pure ha inciso il dl n. 78;
3.  CONSIDERARE L'ESIGENZA DI RIMEDI STRAORDINARI: indulto e amnistia.

Il dibattito politico si è acceso soprattutto su tale ultima indicazione, ma a questo punto il contenuto del comunicato stampa rivolto al Parlamento dalla Corte Costituzionale induce a una riflessione severa, capace di stringere su un fare che ancora non si palesa, come in più occasioni denunciato da Giovanna di Rosa, componente del Consiglio Superiore della Magistratura e magistrato di sorveglianza presso il tribunale di sorveglianza di Milano, anche da ultimo, nell'intervento rivolto al Plenum tenutosi subito dopo il messaggio del Presidente Napolitano.

Per scaricare:
il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, clicca qui
il comunicato stampa della Corte Costituzionale, clicca qui
il testo dell'intervento del Consigliere Giovanna Di Rosa, rivolto al Plenum del CSM nella seduta del 9 ottobre 2013, clicca qui
Per leggere l'intervista di Giovanna di Rosa a TEMPI, clicca qui


martedì 1 ottobre 2013

LEGGE BALDUZZI: la revoca della condanna in sede di esecuzione

La vicenda è presto detta:  un medico è tratto a giudizio "per condotta imperita e/o negligente, consistita nella mancata comprensione della tipologia di infermità di cui soffriva il paziente, che per questa ragione veniva dimesso dall'ospedale per ben due volte pur in presenza di una malattia che lo portava pochi giorni dopo al decesso".
Il Tribunale di Trento – Ufficio del GUP condanna l'imputato per omicidio colposo con sentenza confermata in appello e poi in Cassazione e divenuta definitiva il 5 luglio 2012.
Il condannato promuove istanza al giudice dell'esecuzione affinché revochi la condanna invocando l'art. 3 della Legge 8 novembre 2012 n. 189 (c.d. Legge Balduzzi), secondo cui  "l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".
Nel caso specifico, il medico ha sostenuto che vi è stato rispetto delle linee guida e la sussistenza della colpa lieve.
Con pronuncia del 7 giugno 2013, il giudice dell'esecuzione revoca la propria sentenza di condanna (ché lo stesso giudice dell'esecuzione era stato gup nella stesso processo e aveva condannato il medico) reputando che ricorrano "tutti gli elementi di fatto, perché nel caso di specie debba ritenersi realizzata la abrogazione parziale di cui alla nuova norma".
 Il giudice dell'esecuzione ritiene in  particolare che "dalla lettura del titolo esecutivo /…/ appare evidente che, agli occhi del giudice della cognizione, nel caso di specie ricorre non già un' ipotesi di assenza di previsione di linee guida in relazione alla attività prestata dal sanitario, e cioè non avviene che tali direttive manchino o la questione di cui si discute nel processo concerna comunque un aspetto del trattamento che esuli dal tema dell'aderenza alle ridette linee guida; ma, al contrario, un caso di linee guida che in relazione alla patologia trattata indicavano una determinata strategia, ma in cui le peculiarità dello specifico caso suggerivano di discostarsi radicalmente dallo standard, e cioè di disattendere la linea d' azione ordinaria (si sta nuovamente citando la sentenza CANTORE)".
La Procura di Trento ha impugnato la sentenza del giudice dell'esecuzione con ricorso per cassazione nel quale si mette subito in evidenza che "risulta dalla lettura delle decisioni che, conformemente, hanno deciso il processo di cognizione che il sanitario è stato chiamato a rispondere del decesso del paziente non certo per una erronea applicazione dei protocolli sanitari impostigli dalle linee guida di settore, bensì per non aver compreso la tipologia dell'infermità di cui era affetto il paziente tanto che, a fronte di sintomi "inspiegabili" a fronte del trauma subito dal paziente, avrebbe dovuto richiedere un consulto o disporne il trasferimento presso una struttura specializzata per chiarire il dubbio diagnostico e per conseguentemente porre le condizioni per un adeguato e consapevole approccio terapeutico.
Decisive, sul punto, le considerazioni sviluppate dalla sentenza della Cassazione che ha definito il giudizio di cognizione, letteralmente richiamate in premessa dallo stesso giudice dell'esecuzione: "la responsabilità del M. è ravvisabile non nella mancata diagnosi della SIRS  [severe infiammatory response sindrome, n.d.r.] in quanto difficilmente riconoscibile sulla base dei dati sintomatici e clinici ed estranea alla sfera di specializzazione dell'ortopedico-curante, ma per non aver adottato il principio di precauzione richiedendo un consulto o un trasferimento del paziente, a fronte dei sintomi inspiegabili e non collegabili col modestissimo trauma patito dal ragazzo".
In sintesi, secondo la Procura il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto rigettare l'istanza di revoca  avanzata dal medico poiché l'addebito a questi mosso "era stato ricostruito avendo riguardo alle violazione delle regole prudenziali che costituiscono il fondamento della negligenza e /…/ non era  in discussione  alcuna linea guida che tale condotta trascurata potesse in qualche modo giustificare o legittimare".
La vicenda testé riportata e l'argomento sotteso alla medesima rivestono indubbio interesse - come emerge pure dalla questione di costituzionalità sollevata in relazione all'art. 3 della Legge 8 novembre 2012 n. 189 dal giudice del Tribunale di Milano, Bruno Giordano -  e le molte questioni implicate meritano di essere approfondite in un confronto quanto più aperto possibile, secondo uno scambio di idee allargato, di cui PalaGius si fa promotore raccogliendo e pubblicando il materiale citato e ringraziando espressamente  il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Giuseppe Amato,  che ha cortesemente messo a disposizione il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del giudice dell'esecuzione.
Per scaricare:
la sentenza del giudice dell'esecuzione di Trento clicca qui
la sentenza Cantore (Cass. sez. IV pen, 29 gennaio 2013 n. 268) clicca qui
il ricorso per cassazione della Procura di Trento clicca qui
l'ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale del giudice del Tribunale di Milano, Bruno Giordano, clicca qui