martedì 1 ottobre 2013

LEGGE BALDUZZI: la revoca della condanna in sede di esecuzione

La vicenda è presto detta:  un medico è tratto a giudizio "per condotta imperita e/o negligente, consistita nella mancata comprensione della tipologia di infermità di cui soffriva il paziente, che per questa ragione veniva dimesso dall'ospedale per ben due volte pur in presenza di una malattia che lo portava pochi giorni dopo al decesso".
Il Tribunale di Trento – Ufficio del GUP condanna l'imputato per omicidio colposo con sentenza confermata in appello e poi in Cassazione e divenuta definitiva il 5 luglio 2012.
Il condannato promuove istanza al giudice dell'esecuzione affinché revochi la condanna invocando l'art. 3 della Legge 8 novembre 2012 n. 189 (c.d. Legge Balduzzi), secondo cui  "l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".
Nel caso specifico, il medico ha sostenuto che vi è stato rispetto delle linee guida e la sussistenza della colpa lieve.
Con pronuncia del 7 giugno 2013, il giudice dell'esecuzione revoca la propria sentenza di condanna (ché lo stesso giudice dell'esecuzione era stato gup nella stesso processo e aveva condannato il medico) reputando che ricorrano "tutti gli elementi di fatto, perché nel caso di specie debba ritenersi realizzata la abrogazione parziale di cui alla nuova norma".
 Il giudice dell'esecuzione ritiene in  particolare che "dalla lettura del titolo esecutivo /…/ appare evidente che, agli occhi del giudice della cognizione, nel caso di specie ricorre non già un' ipotesi di assenza di previsione di linee guida in relazione alla attività prestata dal sanitario, e cioè non avviene che tali direttive manchino o la questione di cui si discute nel processo concerna comunque un aspetto del trattamento che esuli dal tema dell'aderenza alle ridette linee guida; ma, al contrario, un caso di linee guida che in relazione alla patologia trattata indicavano una determinata strategia, ma in cui le peculiarità dello specifico caso suggerivano di discostarsi radicalmente dallo standard, e cioè di disattendere la linea d' azione ordinaria (si sta nuovamente citando la sentenza CANTORE)".
La Procura di Trento ha impugnato la sentenza del giudice dell'esecuzione con ricorso per cassazione nel quale si mette subito in evidenza che "risulta dalla lettura delle decisioni che, conformemente, hanno deciso il processo di cognizione che il sanitario è stato chiamato a rispondere del decesso del paziente non certo per una erronea applicazione dei protocolli sanitari impostigli dalle linee guida di settore, bensì per non aver compreso la tipologia dell'infermità di cui era affetto il paziente tanto che, a fronte di sintomi "inspiegabili" a fronte del trauma subito dal paziente, avrebbe dovuto richiedere un consulto o disporne il trasferimento presso una struttura specializzata per chiarire il dubbio diagnostico e per conseguentemente porre le condizioni per un adeguato e consapevole approccio terapeutico.
Decisive, sul punto, le considerazioni sviluppate dalla sentenza della Cassazione che ha definito il giudizio di cognizione, letteralmente richiamate in premessa dallo stesso giudice dell'esecuzione: "la responsabilità del M. è ravvisabile non nella mancata diagnosi della SIRS  [severe infiammatory response sindrome, n.d.r.] in quanto difficilmente riconoscibile sulla base dei dati sintomatici e clinici ed estranea alla sfera di specializzazione dell'ortopedico-curante, ma per non aver adottato il principio di precauzione richiedendo un consulto o un trasferimento del paziente, a fronte dei sintomi inspiegabili e non collegabili col modestissimo trauma patito dal ragazzo".
In sintesi, secondo la Procura il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto rigettare l'istanza di revoca  avanzata dal medico poiché l'addebito a questi mosso "era stato ricostruito avendo riguardo alle violazione delle regole prudenziali che costituiscono il fondamento della negligenza e /…/ non era  in discussione  alcuna linea guida che tale condotta trascurata potesse in qualche modo giustificare o legittimare".
La vicenda testé riportata e l'argomento sotteso alla medesima rivestono indubbio interesse - come emerge pure dalla questione di costituzionalità sollevata in relazione all'art. 3 della Legge 8 novembre 2012 n. 189 dal giudice del Tribunale di Milano, Bruno Giordano -  e le molte questioni implicate meritano di essere approfondite in un confronto quanto più aperto possibile, secondo uno scambio di idee allargato, di cui PalaGius si fa promotore raccogliendo e pubblicando il materiale citato e ringraziando espressamente  il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Giuseppe Amato,  che ha cortesemente messo a disposizione il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del giudice dell'esecuzione.
Per scaricare:
la sentenza del giudice dell'esecuzione di Trento clicca qui
la sentenza Cantore (Cass. sez. IV pen, 29 gennaio 2013 n. 268) clicca qui
il ricorso per cassazione della Procura di Trento clicca qui
l'ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale del giudice del Tribunale di Milano, Bruno Giordano, clicca qui

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