venerdì 26 settembre 2014

MODIFICA DELL’ARTICOLO 275 C.P.P. DOPO LA CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE N. 92


Il decreto legge n. 92 del 26 giugno 2014 ha modificato il comma 2 bis dell'articolo 275 del codice di procedura penale imponendo di non applicare la custodia cautelare in carcere nel caso in cui il giudice  ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni.

Abbiamo parlato di questa modifica e dei problemi da essa scaturiti con Fabio Roia, magistrato del Tribunale di Milano, che aveva riferito di possibili interventi correttivi della norma.

Il decreto legge è stato convertito nella legge 11 agosto 2014 n. 117, con modificazioni che riguardano (anche) l'articolo 275, nel senso che tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423 bis, 572, 612 bis e 624 bis del codice penale, nonché all'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale.

Resta da verificare se le correzioni apportate siano effettivamente idonee a contenere l'allarme suscitato dalla formulazione originaria ed evidenziato nel post del 28 luglio 2014.

Clicca qui per visualizzare le modifiche apportate all'art. 275 c.p.p.


lunedì 15 settembre 2014

L’ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA: a colloquio con Anna Introini



Un tema che riveste importanza strategica, quello dell'organizzazione del pianeta giustizia, per il quale non è previsto un corso universitario che non sia il fronte della prima linea; ne parliamo con Anna Introini, magistrato, presidente della nona sezione penale del tribunale di Milano e presidente vicario della 1° sezione della corte d'assise di Milano

L'attuale sistema prevede che l'organizzazione dell'ufficio giudiziario, e quindi in ultima analisi il funzionamento del sistema giustizia, sia compito del magistrato. Quale presidente di sezione di tribunale, la dottoressa Introini ha anche questo ruolo. A lei dunque ci rivolgiamo, iniziando con una domanda diretta: come funziona un ufficio giudiziario?
L'organo giudiziario è composto da magistrati che hanno il compito di fare i processi e le sentenze, e organizzare gli uffici. A fianco dei magistrati lavora personale amministrativo, come il cancelliere, che dipende però dal ministero di giustizia, e ha uno statuto e un'organizzazione diversa da quella dei magistrati. Noi invece non dipendiamo dal ministero di giustizia, e lo possiamo dire, non abbiamo capi gerarchici.

Mettiamo quindi in chiaro questo primo punto: i magistrati da chi dipendono?
Noi siamo un potere dello Stato, noi siamo una funzione dello Stato, quindi il magistrato è libero e risponde solo alla legge, anche se rispondiamo disciplinarmente al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che è un organo costituzionale politico. Come giudice, non ho superiori gerarchici, sottostò a poteri gerarchici solo per quanto concerne l'organizzazione del tribunale e l'organizzazione dell'ufficio che presiedo, ma non nel mio lavoro di giudicante.

Dal punto di vista professionale, dunque, ciascuno di voi è libero, e può agire in base ad una assoluta indipendenza
Dipendiamo ovviamente dalla legge, dai codici, dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Certamente, noi siamo passibili di sanzioni e di responsabilità, siamo passibili di sanzioni disciplinari e, secondo la nuova legge, rispondiamo per dolo e colpa grave.

Torniamo invece al profilo organizzativo
Sotto questo aspetto sono inserita in una struttura e quindi devo tener conto dell'organizzazione del tribunale, che è una vera e propria struttura che prevede le cosiddette tabelle triennali, che vengono approvate dal CSM, che riguardano l'organizzazione, cioè la divisione dei compiti dei magistrati, i settori, penale e civile, le competenze, le sezioni, come sono composte queste ultime e la divisione del lavoro.

Le tabelle sono redatte dai magistrati e poi approvate dal CSM?
Si, sono redatte dai magistrati, dal presidente del tribunale e della corte d'appello, e vengono approvate o meno dal CSM. Se non sono approvate, bisogna rifarle. Il CSM può anche dare dei suggerimenti con delle circolari che possono dettare i principi generali entro cui rimanere.

Quindi ogni tribunale stabilisce la sua tabella ?
Si, ed è triennale; però, come dicevo, le tabelle attengono alle organizzazioni interne e prevedono l'organizzazione e la suddivisione degli affari, è poi ovvio che tribunali grandi, avranno tabelle più corpose, tribunali piccoli avranno tabelle più semplici.

E i servizi di cancelleria?
Accanto a noi ci sono tutti i servizi di cancelleria che sono essenziali e basilari, senza i quali il lavoro del magistrato è inutile, ma che procedono su un binario parallelo, perché la stranezza, l'anomalia, che magari è anche un valore aggiunto a volte, sta in questo, e faccio un esempio pratico che è più immediato. Io sono presidente di sezione, sono responsabile del lavoro dei giudici, lavoro inteso come adempimento del lavoro, come puntualità del deposito delle pronunce, non certamente della decisione. E sono anche responsabile dei servizi di cancelleria. Quindi io devo osservare, controllare che la cancelleria funzioni bene, ma non ho potere gerarchico nei confronti del dipendente della cancelleria: dobbiamo collaborare.

Non c'è quindi subordinazione ?
No, quella no, posso esercitare una forma di controllo, ho potere di fare delle osservazioni, di promuovere trasferimenti disciplinari, quindi c'è una forma di controllo come dicevo, però non c'è subordinazione gerarchica.

 Ma chi determina in concreto l'organizzazione dell'ufficio?
Come ci siamo detti all'inizio l'organizzazione dell'ufficio è determinata dal magistrato, che tuttavia deve tener conto che il cancelliere e gli assistenti di udienza, appartenendo al ministero della giustizia, sono statali, anche se in modo diverso dal magistrato, per esempio hanno orari diversi dai nostri. Mi spiego, i giudici non hanno orari, diciamo che fanno quello che devono fare, mentre gli assistenti di udienza alle cinque terminano, perché per esempio non gli vengono pagati gli straordinari, perché non possono fare recupero e quindi talvolta si finisce con il chiedere favore e collaborazione in base al rapporto personale instaurato con quel cancelliere o assistente d'udienza. Questo può dar luogo a equilibri difficili da mantenere e che si possono rompere per un nonnulla, perché dipendono dalla sensibilità, dalla delicatezza delle persone, da come si chiedono le cose, dal rapporto personale, tutti aspetti essenziali, anche se quando si lavora dovremmo essere tutti dei professionisti.

Quindi in cosa si traduce l'aspetto manageriale del magistrato?
L'aspetto manageriale del magistrato, naturalmente parlo per me, della mia competenza nel settore penale, sta nel tenere presente quali sono le risorse umane, i mezzi, qual è il numero delle aule disponibili, il numero di cancellieri presenti, il servizio di cancelleria, il numero di magistrati, avere in mente come potrebbe essere il flusso dei processi in entrata. Ma qui si apre un problema non indifferente: noi non sappiamo mai quanti processi arriveranno, e anche se si tiene conto delle medie ponderate degli anni precedenti, è pur sempre un dato empirico. Faccio un esempio: l'EXPO potrebbe essere foriero di molta criminalità, perché da determinati eventi possono scaturire tipi specifici di criminalità. Ma è difficile prevederlo. Da manageriale in senso stretto, quindi, il lavoro può facilmente diventare artigianale.

Quindi voi organizzate la cancelleria, organizzate concretamente il servizio, organizzate la gestione dei processi, ma poi, quando bene bene si è messo tutto insieme, come gira la macchina?
Molto in concreto, abbiamo oramai delle prassi che ognuno di noi cerca di seguire. Ma è tutto a livello un po' empirico. Il CSM sta facendo dei corsi, utilizzando ad esempio alunni esperti, che vengono tutti dal politecnico di Milano, che noi sappiamo essere la scuola d'eccellenza. Questi tecnici sono bravissimi, soprattutto gli ingegneri gestionali, ma quando poi vedono di fatto quali sono i nostri numeri, soprattutto quali sono le nostre variabili e incognite, ci dicono "Ma voi lavorate solo sull'emergenza". "Certo" rispondo io, "lavoriamo sull'emergenza", perché seppure mi sforzo di fare un calendario perfetto dei processi, ma arriva poi un processo a carico di detenuti, tutto l'ordine cambia, anzi, è letteralmente sovvertito. Devo quindi prevedere degli spazi vuoti, come avevo fatto con questo calendario, per eventuali emergenze. Ma il problema è che in ogni processo ci sono delle variabili che, anche se le si valuta correttamente, o le si mettono in conto, è impossibile prevedere completamente: possono esserci processi che hanno trenta incognite. Allora si va avanti a vista.

L'aspetto manageriale è quindi difficile da attuare
Nella realtà non è così drammatico, per organizzare il ruolo di udienza, un minimo di esperienza, di professionalità, consente di avere un po' di programmazione, ma certamente l'aspetto della managerialità nella giustizia ha questi limiti.

Qui si inserisce l'aspetto dei tempi della giustizia, che è la nota dolente richiamata da tutti senza che, di fatto, vengano offerte soluzioni concrete. Quanto e come  incide la funzione organizzativa sui tempi della giustizia?
Molto, molto. Ho potuto constatarlo nella mia sezione: una buona organizzazione, una definizione precisa del calendario, il rispetto degli orari, dei tempi, e, mi permetta, un minimo di rigidità in punto di rispetto dei tempi, ma al contempo di flessibilità ed elasticità tenuto conto della situazione concreta, tutto questo ha ridotto i tempi della definizione dei processi della nona penale, della sezione da me diretta,

Senza comprimere gli spazi della difesa ?
Senza comprimere l'attività difensiva. Credo di poter dire che, anche se commetto tanti errori, difficilmente ho compresso i diritti della difesa. Ho solo esercitato il potere che mi dà il codice di stoppare gli avvocati e il PM, quando divagano.

Tornando al compito organizzativo, il caso del giudice ottimo ma disorganizzato, è sinonimo di garanzia sotto il profilo della funzione giurisdizionale, ma può essere un problema sotto il profilo organizzativo. E' davvero un problema, e se sì come lo si affronta?
Può essere un ostacolo, ma sarebbe il caso che questo giudice facesse il giudice, e non andasse a dirigere un ufficio. Perché per dirigere un ufficio, per avere funzioni direttive, è importante sapere che cosa vuol dire organizzare, e soprattutto cosa vuol dire sfruttare al meglio le risorse umane e i mezzi che si hanno a disposizione. Mi spiego: noi magistrati siamo degli animali strani, a mio avviso tutti molto bravi, ma tutti con dei profili di grossissima autonomia, siamo delle prime donne, affette da narcisismo. Lavoriamo da soli, non sempre sappiamo lavorare in équipe, perché il lavoro del magistrato è un lavoro solitario. Il buon dirigente è dunque quello che riesce a far emergere il meglio di tutte le persone e a farle lavorare in sinergia: non è facile. Questo comporta studio, osservazione e ascolto delle persone; per intenderci, è vero che abbiamo l'automatismo nell'assegnazione dei processi, ma nell'ambito di una sezione di sette o otto magistrati si può ascoltare e cercare di andare incontro alle varie esigenze.

Parliamo dei costi della giustizia. Che incidenza ha sui costi questo sistema organizzativo?
Noi magistrati non sappiamo fare i conti della giustizia perché in un sistema in cui l'azione penale è obbligatoria, non possiamo fare i conti con quanto costa quello che stiamo facendo. Questo tanto più nel momento in cui abbiamo un legislatore che, per sopperire alle mancanze dei nostri sistemi e per evitare di essere continuamente sanzionato dalla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell'uomo), emana leggi senza tener conto dell'impatto economico sui bilanci dello Stato. Faccio un esempio prendendo spunto dalle nuove norme che hanno disciplinato l'istituto della traduzione degli atti per gli imputati stranieri: era stata formulata una previsione di spesa di circa sei milioni di euro; bene, da un calcolo empirico fatto da noi magistrati, abbiamo visto che questi sei milioni di euro destinati a interpreti di tutta Italia, che devono tradurre tutti gli atti agli stranieri, potranno coprire le spese fino a novembre 2014 e dopo, difficilmente. Questo perché in questi conti noi non c'entriamo: se ho tutti imputati stranieri che affermano di non parlare italiano, mentre magari lo parlano, e la norma prevede che la traduzione orale in aula non sia più sufficiente a pena di nullità, sono obbligata a dare incarichi di traduzione, ed è vero che sono io a dare l'ordine di traduzione, ma non sono io che gestisco l'aspetto del costo.

Sul tema dei costi e delle garanzie. Quanto incidono i costi delle difese d'ufficio per i non abbienti, coloro che sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
Sicuramente, pare la prima voce del ministero della giustizia, noi abbiamo un sistema delle difese d'ufficio per questi soggetti che mi piacerebbe saper se qualcuno ha mai calcolato in termini di costo. Noi magistrati abbiamo poi il compito di liquidare le note di coloro che sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato e veniamo odiati dagli avvocati, perché ne falcidiamo gli importi. E' che nel momento in cui dai un potere a qualcuno, questo qualcuno lo usa. E' normale, se a me dicono "Controlla le liquidazioni degli avvocati", io controllo. Cerco di farlo. C'è chi lo fa meglio e chi lo fa peggio.

La difesa è un diritto e una garanzia incomprimibile, come potrebbe essere organizzata a favore di coloro che sono privi di mezzi, dal suo punto di vista?
Penso che su questo istituto, come su altri, dovremmo confrontarci, discutere, facciamo uno studio di come si può tutelare il diritto costituzionale della difesa. A me potrebbe venire in mente il sistema americano, avvocati stipendiati dallo Stato che facciano un servizio di questo tipo, qualcuno potrebbe dirmi: ma guarda che negli Stati Uniti ha funzionato male. Possiamo prevedere una turnazione dei professionisti, non lo so, ragioniamo.

Se dovesse individuarne nel sistema, qualche punto di criticità, sotto il profilo economico e organizzativo, secondo lei, da cosa occorrerebbe partire?
Innanzi tutto una scelta di capi d'ufficio che avvenga sulla scorta di reali capacità organizzative e non supposte, dove queste reali capacità organizzative possano derivare dal percorso professionale svolto; poi introdurre anche per noi degli studi manageriali, che non siano a livello bocconiano o cose del genere, ma diano delle indicazioni sull' organizzazione degli uffici, quindi una maggiore correlazione con il personale amministrativo, perché il problema del magistrato è che non ha potere di spesa. Per garantire il risultato, posso disporre di chiudere, di fare i processi in tre mesi (a Milano un giudizio col giudice monocratico si celebra in quattro mesi circa); potrei dire "d'ora in poi i processi li voglio chiudere in tre mesi, con tutte le garanzie", ma per poter fare questo ho bisogno di quattro cancellieri e cinque aule, lo dico e poi non le ho, non le posso nemmeno rendere disponibili, e quindi il mio progetto finirebbe con il rimanere lettera morta.


Sembra di poter dire che si parla dei costi della giustizia, ma concretamente nessuno sa come metterci mano, perché composta da mille elementi diversi e spesso antagonisti. Su cosa interverrebbe per prima cosa? Per dare una maggior speditezza al processo senza comprimere la difesa e creando un sistema il più possibile efficiente al contempo.
Innanzi tutto farei uno studio serio della mappa del territorio. Darei forse una maggiore autonomia ai capi dell'ufficio, sia magistrati sia amministrativi, proponendo un sistema che si ponga degli obbiettivi, con l'obbligo, quanto meno, di motivarne il mancato raggiungimento. E' il tema del "non è colpa mia", perché se uno si assume la responsabilità, poi alla fine la colpa è sua. Il problema dell'Italia, in generale, è che succede qualcosa ma non è colpa di nessuno, meno che mai mia. Personalmente, sono favorevole ad una concezione verticistica perché è l'unico modo per creare un adeguata assunzione di responsabilità.

È proponibile un manager esterno?
Non ho niente in contrario, purché, prima di assumere decisioni, questo manager abbia osservato, lavorato gomito a gomito per un periodo di tempo con me, e possa quindi vedere che cosa succede nel quotidiano, quali sono le ragioni per le quali i processi non si riescono a finire in tempo.

E investire nella giustizia in modo serio e continuativo ?
Bisogna con realismo mettere in conto una cosa che però tutto ciò che fa il magistrato scontenta qualcuno. È un lavoro che non ha mai un consenso pieno. Nel penale, se condanno non ho il consenso dell'imputato, se assolvo non ho il consenso della parte civile. Noi facciamo un lavoro che tratta "il patologico", è chiaro che scontentiamo, disturbiamo, bisogna guardarsi quando viene osannata la magistratura, perché vuole dire che siamo in qualcosa che non va bene, è un circuito vizioso. La magistratura poi è tendenzialmente conservatrice perché lavora su leggi, e su fatti già avvenuti, passati. In uno Stato normale il patologico non interessa, non si investe nulla, si cerca di lasciarlo perdere, salvo il sensazionalismo. Invece la giustizia è un punto cardine della civiltà di un paese; in Norvegia hanno un rapporto cittadino-territorio così piccolo che riescono a operare un buon controllo e la giustizia è ai primi posti in termini d'investimento.  Nei paesi levantini come ormai siamo noi, nel sud dell'Europa, ci sono livelli di criminalità tali che non si riesce a risolvere la cosa.

Quanto può aiutare la tecnologia per modernizzare il mondo della giustizia ?
Occorre intenderci sul termine "modernizzare". La tecnologia può essere un ottimo ausilio e va utilizzata, ma questo non significa necessariamente creare qualcosa che funzioni e che vada bene a tutti. 

Andrea Del Corno con Emanuela Strina, avvocati in Milano

domenica 14 settembre 2014

OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE INPS: per il tribunale di Asti non è reato se inferiore a 10.000 euro



Il tribunale di Asti in composizione monocratica ha deciso il caso di un omesso versamento all'INPS delle somme trattenute sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti pari a € 6.094,00 assolvendo l'imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

La sentenza desta interesse perché  come noto l'articolo 2 della legge 28 aprile 2014 n. 67 conferisce "Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria" e, in particolare, per "trasformare in illecito amministrativo il reato di cui all'art. 2 comma 1 bis, del decreto – legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, purché l'omesso versamento non ecceda il limite complessivo di 10.000 euro annui", ma i decreti legislativi, attuativi della delega, non sono ancora stati adottati posto che il comma 4 (dell'articolo 2) prevede il termine di diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge (17 maggio 2014).

 Il giudice di Asti prende tuttavia spunto da una recente pronuncia della corte costituzionale (n. 139 del 2014) che, "pur ribadendo la piena legittimità della disposizione" di cui all'articolo 2 comma 1 bis d.l. 463/193 ha precisato che "resta precipuo dovere del giudice di merito di apprezzare 'alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta' – se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati".   


Il magistrato astigiano fonda quindi su questa precisazione della corte costituzionale "la ricerca interpretativa di parametri sufficientemente oggettivi di offensività" per affermarne l'esistenza attuale nel nostro ordinamento, richiamando la dottrina più autorevole e un'altra pronuncia della corte costituzionale (n. 224/1990), secondo cui "la legge delega non è legge meramente formale", cioè "non si limita a disciplinare i rapporti 'interni' tra Parlamento e Governo, ma costituisce fonte direttamente produttiva di norme giuridiche".

In definitiva, nella sentenza del tribunale di Asti si sostiene che "il contenuto della delega della l. 67/2014, se certamente non ha provveduto ad una formale depenalizzazione dell'art. 2 d-l 463/1983, possiede tuttavia, con certezza, l'attitudine ad orientarne l'interpretazione e, più in particolare, a completare il contenuto precettivo di quanto affermato dal Giudice delle Leggi"; così "se il Giudice di merito è legittimato ad effettuare una valutazione in termini di offensività delle condotte asseritamente costitutive del reato in parola, costituisce dato altrettanto oggettivo il fatto che il Parlamento /…/ ha stabilito, in termini espliciti, che omessi versamenti inferiori a € 10.000,00 per ogni periodo di imposta non devono e non possono considerarsi offensivi di interessi penalisticamente tutelati".  Da qui l'assoluzione dell'imputato  "perché il fatto ascrittogli non è più previsto dalla legge come reato, per 'legge' intendendosi, nel solco della giurisprudenza CEDU, la combinazione ermeneutica del decisum di un organo superiorem non recognoscens quale la Corte Costituzionale e di una volontà popolare espressa e in equivoca".


L’interesse che riveste la pronuncia del tribunale astigiano non è scalfito dalla recentissima pronuncia della corte di legittimità, la sezione feriale penale della quale ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stata lamentata - fra altro - la violazione di legge e il vizio di motivazione “per non essere più la fattispecie prevista come reato avendo la legge n. 67 del 2014, all’art. 2 comma 2° lett. C), provveduto alla depenalizzazione della fattispecie, la quale oggi integrerebbe un semplice illecito amministrativo”.

In questo caso, la corte suprema ha ovviamente affermato che “la fattispecie in esame è tuttora prevista come reato”, limitandosi la legge n. 67 a stabilire una delega al governo sulla configurazione del reato in questione, oggetto della futura decretazione delegata.

Con la sentenza che si è commentata prima, il tribunale di Asti aveva ribadito che il contenuto della l. n. 67 “non ha provveduto ad una formale depenalizzazione dell’art. 2 d.l. 463/1983”,  ma è idoneo “ad orientarne l’interpretazione e, più in particolare, a completare il contenuto precettivo di quanto affermato dal Giudice delle Leggi”, prendendo spunto dalle due richiamate sentenze, la n. 139/2014 e la n. 224 del 1990: la prima, secondo la quale il giudice di merito deve comunque effettuare una “valutazione in termini di offensività della condotte asseritamente costitutive del reato in parola” e la seconda  che chiarisce come la legge delega non sia legge meramente formale, costituendo fonte direttamente produttiva di norme giuridiche.


Per scaricare la sentenza del tribunale di Asti clicca qui

Per scaricare la giurisprudenza citata,
clicca qui per la sentenza della corte costituzionale n. 139 del 2014

clicca qui per la sentenza della corte costituzionale n. 224 del 1990

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), S.W. c. Regno Unito, 22 novembre 1995 (cfr. in particolare § 35)

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), C.R. c. Regno Unito, 22 novembre 1995 (cfr. in particolare § 33)

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), Baskaya e Okcuoglu c. Turchia, 8 luglio 1999 (cfr. in particolare § 39)

Per scaricare la sentenza della corte di cassazione clicca qui

mercoledì 3 settembre 2014

INTERVENTI IN MATERIA DI GIUSTIZIA CIVILE

In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile,  segnaliamo l'intervento pubblicato da IL CASO.IT  del dottore Giuseppe Buffone, magistrato presso il Tribunale di Milano, contenente utili tabelle riassuntive e comparative dei contenuti, aggiornati al 2 settembre 2014, delle novità che interessano il settore civile e lo schema di decreto – legge preannunciato dal Consiglio dei Ministri tenutosi il 29 agosto 2014.

Clicca qui per scaricare l'intervento del dott. Giuseppe Buffone

Il decreto - legge 12 settembre 2014 n. 132 è stato pubblicato lo stesso giorno in Gazzetta Ufficiale ed è entrato vigore quello successivo, salvo che per alcuni disposizioni la cui efficacia e/o applicazione è stata differita nel tempo come espressamente previsto nel provvedimento.

Clicca qui per scaricare il decreto - legge 12 settembre 2014 n. 132