domenica 14 settembre 2014

OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE INPS: per il tribunale di Asti non è reato se inferiore a 10.000 euro



Il tribunale di Asti in composizione monocratica ha deciso il caso di un omesso versamento all'INPS delle somme trattenute sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti pari a € 6.094,00 assolvendo l'imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

La sentenza desta interesse perché  come noto l'articolo 2 della legge 28 aprile 2014 n. 67 conferisce "Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria" e, in particolare, per "trasformare in illecito amministrativo il reato di cui all'art. 2 comma 1 bis, del decreto – legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, purché l'omesso versamento non ecceda il limite complessivo di 10.000 euro annui", ma i decreti legislativi, attuativi della delega, non sono ancora stati adottati posto che il comma 4 (dell'articolo 2) prevede il termine di diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge (17 maggio 2014).

 Il giudice di Asti prende tuttavia spunto da una recente pronuncia della corte costituzionale (n. 139 del 2014) che, "pur ribadendo la piena legittimità della disposizione" di cui all'articolo 2 comma 1 bis d.l. 463/193 ha precisato che "resta precipuo dovere del giudice di merito di apprezzare 'alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta' – se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati".   


Il magistrato astigiano fonda quindi su questa precisazione della corte costituzionale "la ricerca interpretativa di parametri sufficientemente oggettivi di offensività" per affermarne l'esistenza attuale nel nostro ordinamento, richiamando la dottrina più autorevole e un'altra pronuncia della corte costituzionale (n. 224/1990), secondo cui "la legge delega non è legge meramente formale", cioè "non si limita a disciplinare i rapporti 'interni' tra Parlamento e Governo, ma costituisce fonte direttamente produttiva di norme giuridiche".

In definitiva, nella sentenza del tribunale di Asti si sostiene che "il contenuto della delega della l. 67/2014, se certamente non ha provveduto ad una formale depenalizzazione dell'art. 2 d-l 463/1983, possiede tuttavia, con certezza, l'attitudine ad orientarne l'interpretazione e, più in particolare, a completare il contenuto precettivo di quanto affermato dal Giudice delle Leggi"; così "se il Giudice di merito è legittimato ad effettuare una valutazione in termini di offensività delle condotte asseritamente costitutive del reato in parola, costituisce dato altrettanto oggettivo il fatto che il Parlamento /…/ ha stabilito, in termini espliciti, che omessi versamenti inferiori a € 10.000,00 per ogni periodo di imposta non devono e non possono considerarsi offensivi di interessi penalisticamente tutelati".  Da qui l'assoluzione dell'imputato  "perché il fatto ascrittogli non è più previsto dalla legge come reato, per 'legge' intendendosi, nel solco della giurisprudenza CEDU, la combinazione ermeneutica del decisum di un organo superiorem non recognoscens quale la Corte Costituzionale e di una volontà popolare espressa e in equivoca".


L’interesse che riveste la pronuncia del tribunale astigiano non è scalfito dalla recentissima pronuncia della corte di legittimità, la sezione feriale penale della quale ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stata lamentata - fra altro - la violazione di legge e il vizio di motivazione “per non essere più la fattispecie prevista come reato avendo la legge n. 67 del 2014, all’art. 2 comma 2° lett. C), provveduto alla depenalizzazione della fattispecie, la quale oggi integrerebbe un semplice illecito amministrativo”.

In questo caso, la corte suprema ha ovviamente affermato che “la fattispecie in esame è tuttora prevista come reato”, limitandosi la legge n. 67 a stabilire una delega al governo sulla configurazione del reato in questione, oggetto della futura decretazione delegata.

Con la sentenza che si è commentata prima, il tribunale di Asti aveva ribadito che il contenuto della l. n. 67 “non ha provveduto ad una formale depenalizzazione dell’art. 2 d.l. 463/1983”,  ma è idoneo “ad orientarne l’interpretazione e, più in particolare, a completare il contenuto precettivo di quanto affermato dal Giudice delle Leggi”, prendendo spunto dalle due richiamate sentenze, la n. 139/2014 e la n. 224 del 1990: la prima, secondo la quale il giudice di merito deve comunque effettuare una “valutazione in termini di offensività della condotte asseritamente costitutive del reato in parola” e la seconda  che chiarisce come la legge delega non sia legge meramente formale, costituendo fonte direttamente produttiva di norme giuridiche.


Per scaricare la sentenza del tribunale di Asti clicca qui

Per scaricare la giurisprudenza citata,
clicca qui per la sentenza della corte costituzionale n. 139 del 2014

clicca qui per la sentenza della corte costituzionale n. 224 del 1990

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), S.W. c. Regno Unito, 22 novembre 1995 (cfr. in particolare § 35)

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), C.R. c. Regno Unito, 22 novembre 1995 (cfr. in particolare § 33)

clicca qui per la giurisprudenza della CEDU (testo inglese), Baskaya e Okcuoglu c. Turchia, 8 luglio 1999 (cfr. in particolare § 39)

Per scaricare la sentenza della corte di cassazione clicca qui

1 commento:

  1. Il post è stato aggiornato a seguito della sentenza n. 38080 emessa dalla Corte di Cassazione, sezione feriale penale, il 17 settembre 2014.

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