venerdì 17 gennaio 2014

MINORENNI: la stima dell’età anagrafica

Stabilire quale sia l'età di una persona,  può capovolgere le sorti di un processo. Ce ne parla il dottor Giosuè Ceriani, medico chirurgo, specialista in radiologia, dirigente medico in servizio presso l'Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio, presidio ospedaliero di Saronno, U.O. di Radiologia, che da oltre 25 anni  collabora come CTU e Perito presso il Tribunale per i Minorenni di Milano e di Brescia e presso il Tribunale Ordinario di Milano, e che ha accettato di rispondere alle nostre domande al riguardo.

Il problema della stima dell'età di una persona si pone solo in ambito processuale penale o anche in altre situazioni?
I campi di applicazione della stima della età di una persona sono diversi e i metodi medici messi a punto da molto tempo e poi aggiornati col passare del tempo non sono nati da subito per affrontare problematiche  processuali penali bensì squisitamente mediche pediatriche e specificatamente auxologiche.

Le tre età della vita
Diciamo da subito che con un approccio medico è possibile determinare in una fascia di età, dalla nascita al termine dello sviluppo  somatico, l' età biologica di un individuo ricorrendo a indicatori biomedici diversi, ognuno con precisi limiti di applicazione, legati a fascia di età, etnie, sesso.
Tra questi indicatori biomedici ricordiamo l'età ossea o scheletrica, l'età dentaria, l'età auxologica (che valuta la maturazione psicosomatica di un individuo attraverso parametri clinici specifici come per es. caratteri sessuali secondari).

Definita l'età biologica di un individuo,  per molti metodi è possibile  tradurre la stessa in età anagrafica, dando un valore medio e un range entro il quale collocare la età anagrafica con % di affidabilità.
La determinazione della età biologica in campo medico trova applicazioni importanti nell'inquadramento dello sviluppo di un soggetto per problematiche auxologiche, pediatriche, endocrinologiche e integra dati clinici utili al medico per definire ritardo o anticipo della maturazione biologica individuale rispetto all'età cronologica al fine di prendere provvedimenti correttivi terapeutici, spesso invasivi, che riarmonizzino le due età, anagrafica e biologica, del soggetto in esame.
Tutta una serie di patologie possono anticipare o ritardare l'età biologica di un soggetto rispetto ai dati anagrafici anche in modo significativo,  creando problemi di ordine sanitario reali e futuri per il soggetto stesso.

In campo medico legale la determinazione della età biologica di un soggetto  (o dei suoi resti) e la conseguente definizione della età anagrafica presunta, al momento dell'accertamento, ha risvolti nel campo di attribuzione di competenze giuridiche tra Tribunale Ordinario e Tribunale dei Minorenni, sia che si parli di valutazioni di rilevanza penale, sia  che si tratti di procedure di ambito civile come le adozioni nazionali e internazionali e i ricongiungimenti dei nuclei familiari.

L'accertamento di un'età diversa da quella apparente o dichiarata può avere conseguenze decisive per chi  è coinvolto in una vicenda di rilievo penale. In base alla sua esperienza professionale, può dirci quali sono i casi che ricorrono con maggior frequenza?
Negli ultimi venticinque anni per i quali posso esprimere un giudizio abbiamo assistito a fenomeni antropologici diversi tra loro, legati a differenti flussi migratori verso il nostro paese, in relazione a situazioni drammatiche di conflitti, stati di privazione ed altro; questi fatti hanno determinato la presenza differenziata sul nostro territorio di soggetti molteplici, spesso con incompleta documentazione di identificazione o con documentazione inaffidabile o falsificata.

Per  alcuni di questi, sorpresi in atteggiamento delinquenziale  e pertanto interessati  a  dichiarare, di volta in volta, età anagrafica diciamo "di comodo" utile al fine di limitare il danno proprio dal rapporto con il sistema giuridico chiamato a giudicarli, si è reso necessario ricorrere a metodi di tipo medico al fine di definire, ove possibile, un' età biologica degli stessi e una possibile  età anagrafica rapportabile alla età biologica calcolata.

Generalmente la maggior parte di questi soggetti  tendono a dichiarare una età anagrafica utile a sottrarsi al giudizio della autorità giudiziaria o a affrontare un iter giudiziario meno gravoso in termini di pena, davanti al Tribunale per i Minorenni, ben diverso,  rispetto a quello avanti al Tribunale Ordinario.

Esistono peraltro situazioni-limite dove una dichiarata maggiore età, paradossalmente, non contempla lo stato di costrizione (anche in strutture come centri di prima accoglienza e in strutture dove si è avviati ad uno stato di messa alla prova), in considerazioni di una legislazione che prevede il decreto di espulsione senza che poi effettivamente il soggetto lasci il territorio nazionale (in anni recenti molte ragazze minorenni  sorprese a prostituirsi si dichiaravano maggiorenni allo scopo di ottenere l'immediato rilascio con foglio di via).

Vi sono poi fatti antropologici specifici che  rendono diversificato il comportamento  dell'individuo in rapporto alla etnia e alla appartenenza a popoli differenti.

In 25 anni ho valutato soggetti di provenienza geografica diversificata;  ho verificato come alcuni soggetti non concepiscono neppure la possibilità di fornire false generalità o di dati anagrafici diversi da quelli reali (mi riferisco  per esempio a individui che provengono da paesi della Africa equatoriale), mentre altri hanno ricevuto una educazione tale che li porta o, spesso li costringe, alla falsa dichiarazione di identità fin dalla prima infanzia ,cosa del tutto " normale" in un'economia familiare  dove sono visti come sicura fonte di guadagno, illecito.
E anche la precoce gravidanza di tante ragazze diventa espediente per garantire all'ambito familiare di appartenenza la continuità dello stato di  profitto. Il confine tra schiavitù e sfruttamento diventa molto labile.

Sappiamo che questo tipo di accertamento è utilizzato anche nei casi di adozione; quali conseguenze produce in questo particolare ambito?
 Nella mia esperienza i soggetti arrivano il più delle volte all'accertamento della età ossea, dopo che l'iter di adozione si è concluso, su richiesta dei genitori o indicazione di medici specialisti in pediatria e auxologia che manifestano talvolta perplessità sulla età anagrafica certificata dai documenti di identità dei paesi dove sono nati i soggetti poi adottati da nuclei familiari italiani.
Si verifica spesso che tali dubbi siano poi stati confermati dagli accertamenti medici sull' età ossea e biologica  che definiscono in genere  un' età anagrafica certificata inferiore all' età biologica-maturativa dei soggetti; il motivo è facilmente intuibile: è più facile inserire in una famiglia che adotta un soggetto, se lo stesso viene "dichiarato" sufficientemente piccolo.
Devo precisare che però quello che spinge i genitori che adottano a compiere questi accertamenti è definire lo stato di maturazione psicosomatica del proprio figliolo al fine di rendere l'inserimento nell'ambito della scuola e della società dei bambini il più naturale ed equilibrato possibile.

Ci sono diversi metodi per accertare l'età di una persona
La letteratura medica ha prodotto nel corso dei decenni  passati numerosi contributi , che si sono affinati nel corso del tempo.
Da metodi che richiedevano esami radiografici a circa metà dello scheletro dell'individuo, si è passati, per fortuna, a metodi molto meno invasivi che limitano all'estremità di uno dei due arti superiori (polso e mano), la valutazione.

La maggior parte dei metodi messi a punto fino alla metà del secolo scorso sono ormai obsoleti e archiviati come superati e inaffidabili alla luce delle problematiche attuali, come  le diversificate etnie di appartenenza dei soggetti, che vengono sottoposti ad esame, la diversa velocità di crescita dei soggetti attualmente rispetto anche soltanto a 40-50 anni or sono, la  comprensione  di fattori influenti sullo sviluppo di un individuo, oggi più chiaramente compresi che in passato, fattori di tipo ambientale, antropologico, nutrizionale , sociale, ecc.

L'esempio è tutto
I metodi strumentali più utilizzati oggi valutano la maturazione dello sviluppo di distretti corporei dell'individuo come una parte limitata dello scheletro e l'apparato masticatorio (dentario per la precisione): questi metodi sono stati messi a punto studiando un ampio campione di soggetti, suddivisi per sesso, etnia, durante le fasi di sviluppo della prima, seconda, terza infanzia e adolescenza.
Con  questi studi sono stati codificati stadi di maturazione, che interessano tutti i soggetti appartenenti alla specie  umana ,  ai quali corrispondono la maggior parte degli individui di ben determinate età anagrafiche, compresi entro un definito range di percentili di crescita.

Di  alcuni metodi, soprattutto grazie ad  aggiornamenti introdotti, che tengono conto della modificata velocità di crescita delle ultime generazioni rispetto alle precedenti, si può fare oggi un uso più oculato e affidabile, differenziando individui di etnie diverse e suddivisi nei due sessi, anche solo rispetto a 20 anni fa.

Questi metodi si sono via via affinati  riducendo anche l'impatto di possibile danno biologico al quale teoricamente possono esporre il soggetto, essendo prevalentemente metodi che utilizzano apparecchiature radiologiche , oggi più affidabili in termini di radioprotezione,  nello studio di precisi segmenti scheletrici e dei denti delle due arcate dentarie.

Le immagini radiografiche prodotte devono essere analizzate da specialisti di settore  qualificati, allenati e forniti di solida esperienza (che si acquisisce durante un periodo di addestramento congruo), nella applicazione corretta  dei metodi stessi.

E mentre parliamo, in diverse realtà geografiche gruppi di studiosi lavorano con lo scopo di adattare  alle specifiche caratteristiche di determinate popolazioni i metodi più conosciuti al fine di definire sempre meglio la affidabilità nella valutazione che tenga conto degli altri fattori sopra elencati, che variano per appartenenze etniche e geografiche.

I metodi possono dare esiti diversi, e se sì da cosa dipende? 
Ancora oggi l'utilizzo di metodi superati e datati ingenera errori di valutazione, con età biologiche e anagrafiche fuorvianti,  che poi vengono corretti durante la rivalutazione del materiale radiografico prodotto sul soggetto e esaminati coi metodi più aggiornati.

Tenendo conto del fatto, già accennato nella risposta precedente, di come occorra un addestramento congruo all'uso di metodi diciamo di secondo livello e più sofisticati, si comprende come la prima valutazione  condotta con metodi non aggiornati si discosti spesso in modo sensibile dalla valutazione condotta in fase di approfondimento durante consulenze tecniche di ufficio o perizie su indicazione degli Uffici Giudiziari.

Non si può del resto pretendere che i primi accertamenti, davanti al dubbio di età anagrafica di un individuo sorpreso in atteggiamento delinquenziale e sprovvisto di documenti anagrafici affidabili, siano svolti da personale medico specificamente addestrato all'uso corretto delle metodologie di solito in uso durante valutazioni peritali, da addetti di settore qualificati.

Il primo approccio in genere avviene presso presidi sanitari dove opera uno specialista radiologo o pediatra generale, che ovviamente non è tenuto a conoscere le metodologie specifiche e più qualificate, radiologiche o cliniche-auxologiche , ma che applica un metodo di rapido approccio, spesso generico e non specifico per  questa o quella etnia, con i limiti che lo stesso  esprime, limiti che devono essere opportunamente specificati nella refertazione scritta al termine del primo accertamento, spesso svolto in regime di urgenza su richiesta della autorità giudiziari o di pubblica sicurezza.

In quali casi è preferibile scegliere un metodo piuttosto che l'altro? C'è un criterio unico, oppure dipende da una valutazione caso per caso?
Va utilizzato il metodo che per la letteratura scientifica di settore meglio risponde alle specifiche esigenze del caso che si ha di fronte; quando parlo di specifiche esigenze intendo innanzitutto l'origine etnica dell'individuo, il sesso e la presunta fascia di maturazione (prima, seconda, terza infanzia adolescenza).

Per alcuni soggetti, per esempio di etnia caucasica è affidabile l'approccio  di valutazione della età ossea,
(con metodi cosiddetti numerici, che diverse scuole scientifiche hanno messo a punto e che si utilizzano  contemporaneamente anche per verifica del dato desunto), integrato da quella dentaria in specifiche situazioni.

Invece per soggetti provenienti da paesi geografici situati nel continente asiatico, africano, sudamericano, occorre  sempre abbinare più metodi di età scheletrica con metodi di età dentaria  (ed ho parlato di più metodi a ragion veduta), questo per ovviare alla carenza riconosciuta a metodi a punto per la etnia bianca, per i quali recentemente (anni 90 del secolo scorso)  sono stati introdotti fatti correttivi che si applicano proprio a questi tipi i di popolazioni (risultato del lavoro di ricerca proprio condotto su popolazioni campione omogenee con quella in esame).

E comunque, quando possibile, vanno tenuti in considerazione dati di tipo antropologico , di crescita, di pregresse patologie intercorse, riferiti al singolo individuo in esame che se noti possono affinare il risultato desunto dalle valutazioni strumentali su segmenti scheletri ed elementi dentari. Faccio un esempio, che può chiarire questo passaggio: se  sono a conoscenza che il  soggetto in esame, per es. è  di origini orientali ma è  stato sottoposto durante la seconda, terza infanzia ed adolescenza alla catena alimentare tipica di un paese occidentale (in quanto adottato), del continente  europeo o nordamericano, posso applicare un metodo di valutazione che tenga conto di fattori correttivi, rispetto a parametri di valutazione diciamo occidentali, fattori introdotti per i soggetti di origine orientale ma cresciuti poi in occidente. Pionieri di questa visione  delle cose  sono stati ad esempio i prof. Tanner in Inghilterra e Sempè in Francia, ma la letteratura è ricca di contributi altrettanto autorevoli al riguardo e gruppi di ricerca sono sempre al lavoro per affinare i dati utili a tale scopo.

Oggi lo scambio di informazioni attraverso i moderni mezzi di comunicazione aiuta molto gli addetti ai lavori; quando ho iniziato ad occuparmi di queste problematiche il muro di Berlino era ancora al suo posto e non potevamo consultare un importante atlante messo a punto dalla accademia delle scienze di Mosca, quando si doveva valutare un soggetto arrivato in Italia da una delle repubbliche orientali del blocco sovietico (e qualcuno è stato intercettato dai nostri accertamenti).

E' opportuno/necessario adattare il metodo d'analisi in funzione della diversa appartenenza etnica del soggetto da esaminare? In questo caso di quali correttivi si tratta e perché è opportuno/necessario adottarli?
Ho in parte già risposto alla domanda con il precedente intervento.
Sì, ribadisco che ove possibile è doveroso utilizzare, da parte degli addetti ai lavori, diciamo così, gli strumenti presenti in letteratura scientifica, che aiutino a valutare specifiche etnie. Questo non è possibile per tutte le sottopopolazioni delle diverse etnie principali, ma già riuscire a differenziare i soggetti tra le quattro etnie principali (bianca, negroide, ispanica e asiatica) e per sesso e fascia di sviluppo auxologico, riduce di molto il rischio di errori significativi di valutazione,  nei quali era facile incorrere  in passato quando non erano ancora noti questi che noi chiamiamo "fattori correttivi".

Ribadisco altresì che queste valutazioni non possono essere richieste  durante un controllo medico di urgenza, demandato a personale che non è tenuto  a conoscere queste modalità di valutazione.
Dico questo perché vorrei che anche gli addetti ai lavoro dell'altro settore, diciamo così, coinvolto (Giudici e Avvocati), abbiano presenti queste problematiche. Talvolta mi trovo a dover specificare come la valutazione approfondita sia per esami scheletrici che dentali richieda il coinvolgimento di figure che in paesi diversi dal nostro sono identificati come radiologici e odontoiatri forensi, con competenze diverse  dai radiologi e odontoiatri generali che dalla loro hanno sicuramente altre competenze di diagnostica e terapia che ai primi mancano il più delle volte.

In questo tipo di analisi si può giungere a determinare con precisione l'età  oppure si può stabilire un valore medio fra uno minimo e uno massimo ? In quest'ultimo caso, c'è un criterio in base al quale adottare il valore medio, quello minimo o massimo, o l'uno piuttosto che gli altri?
Se si deve rispondere ad un quesito esclusivamente medico e quindi  determinare il parametro età ossea o età dentaria, si può dare un numero, in termini di anni e frazione decimale di anno, sufficientemente definito che esprime comunque la età biologica del soggetto ed è quello che chiede il pediatra, in dentista, l'auxologo, l'endocrinologo pediatrico.

Gli specialisti medici di settore (pediatri, auxologi, dentisti, endocrinologi)  anche davanti ad un valore medio, espresso entro un range tra un valore minimo e un valore massimo, fanno riferimento, per le scelte operative  che devono adottare, al solo valore medio definito.

Se invece, come vuole la Autorità Giudiziaria, si è chiamati ad  esprimere un giudizio sulla età anagrafica di un soggetto allora nessun indice biomedico (età ossea, età dentaria, età auxologica) preso a sé stante può essere considerato sufficiente e affidabile; occorre laddove possibile avere dati clinici sul soggetto in esame da affiancare ad  indici biomedici  valutati contemporaneamente sul soggetto (specie se di etnia diversa dalla caucasica) per esprimere un valore medio,  entro un range di valore minimo e massimo, nel quale collocare, con una percentuale significativa, ma non rapportabile comunque al 100%, la età anagrafica del soggetto.

In campo medico legale il CTU e il  Perito al termine della propria valutazione devono  poi indicare quale valore utile da presentare all'Ufficio Giudiziario che ha formulato il quesito, il valore rilevato come limite inferiore del range di valutazione, nel rispetto del dettato di Medicina Legale, secondo il quale innanzitutto con un atto medico non si deve nuocere al soggetto esaminato, specificando la percentuale di affidabilità (basata su 1 deviazione standard, specificata nei singoli metodi). 

a cura di Andrea Del Corno, avvocato in Milano

foto di Gianna Tarantino, titoli di Luigi Turinese


giovedì 9 gennaio 2014

CYBERBULLISMO: il primo codice di autoregolamentazione

PalaGius si è già occupato di cyberbullismo quando ha dato conto degli incontri sull'uso corretto della rete, organizzati  dall'Ufficio scolastico regionale della Lombardia per gli insegnanti, e recentemente aperti anche ai genitori  (vd. post del 7 aprile 2013).

Gli atti di cyberbullismo sono intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone, utilizzando telefonate, messaggi, chat, social network, siti di domande e risposte, giochi on line, forum on line.

E' di queste ore la notizia che è stata approvata la prima bozza del primo codice di autoregolamentazione anti cyberbullismo nel corso dell' incontro promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico, cui hanno partecipato anche Agcom, polizia postale e delle comunicazioni, Autorità per la privacy e Garante per l'Infanzia, oltre a rappresentanti di associazioni come Confindustria digitale e Assoprovider, insieme a Google e Microsoft.

L'iniziativa è di certo rilievo, se solo si richiamano alla memoria i gravi fatti di cronaca che hanno registrato i gesti anche estremi posti in essere da giovani e giovanissimi,  oggetto di insulti e diffamazioni su internet. Eventi che hanno informato la previsione per cui gli operatori della rete, e in particolare quelli che agiscono nel settore di social networking, si impegnano ad attivare appositi meccanismi di segnalazione degli episodi di cyberbullismo per prevenire e per contrastare l'incremento del fenomeno.

Il codice stabilisce che questi meccanismi e sistemi di segnalazione debbano essere "adeguatamente visibili e cliccabili all'interno della pagina visualizzata, semplici e diretti"  così da consentire anche a bambini e adolescenti di dare immediato allarme riguardo a situazioni di rischio.

La bozza del codice è messa a consultazione pubblica per 45 giorni a partire dall'8 gennaio "per ottenere ulteriori suggerimenti dagli utenti del web".


venerdì 3 gennaio 2014

ESECUZIONE DELLA PENA: il decreto legge n. 146


Il 2013 si è chiuso con l'emanazione del decreto legge n. 146 del 23 dicembre, subito pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e in vigore dal giorno successivo, e cioè dal 24 dicembre 2013.

Questa volta, le "misure urgenti" vertono sui diritti fondamentali dei detenuti e sulla riduzione controllata della popolazione carceraria.
Vediamo come.


Codice di procedura penale
Innanzitutto, rileviamo che una delle prime disposizioni riguarda alcune modifiche al codice di procedura penale, volte a introdurre "misure di semplificazione nella trattazione di alcune materie devolute alla cognizione della magistratura di sorveglianza".
La "semplificazione"  è uno degli scopi "dichiarati" nell'incipit del decreto, ma è anche assolutamente necessaria per rendere compatibili i tempi, l'effettività e l'efficacia del nuovo intervento in tema di esecuzione della pena con gli attuali carichi di lavoro della magistratura di sorveglianza, cui è affidata (praticamente per intero) la concreta attuazione della gran parte delle novità.
L'articolo 1 - comma 1 lettera b) - del decreto legge n. 146 sostituisce il disposto dell'articolo 678 del codice di rito e prevede, al comma 1, che "il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza , nelle materie attinenti ai ricoveri previsti dall'articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'articolo 666", cioè fissando apposita udienza camerale, salvo che vi sia motivo di "dubitare dell'identità fisica di una persona", nel qual caso procedono a norma dell'articolo 667 comma 4, cioè "senza formalità con ordinanza comunicata  al pubblico ministero e notificata all'interessato". Contro l'ordinanza possono proporre opposizione avanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l'interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell'articolo 666, cioè fissando l'udienza camerale.
All'articolo 678, dopo il comma 1, è aggiunto il comma 1 –bis, che prevede che il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, ed il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione d alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova al servizio sociale, anche in casi particolari, procedono a norma dell'articolo 667 comma 4, come più sopra descritto, cioè senza formalità e senza più fissare udienza, se non in caso di opposizione avverso l'ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato e al difensore.

Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza  (decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309)
Le modifiche stabilite all'articolo 2 del decreto legge n. 146 riguardano questo testo unico con riferimento ai delitti di condotte illecite in tema di sostanze stupefacenti e psicotrope di lieve entità; così, al comma 1 lettera a) del decreto legge n. 146 è previsto che il comma 5 dell'articolo 73 del predetto testo unico sia sostituito dal seguente:  "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000", con una riduzione di un anno della previsione della pena detentiva precedentemente fissata a sei anni di reclusione.
Il comma 5 dell'articolo 94 è stato abrogato, eliminando così il divieto di disporre l'affidamento in prova al servizio sociale per più di due volte.


Ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n. 354)
Una parte consistente dell'intervento normativo del decreto legge n. 146 (articolo 3) attiene alle modifiche all'ordinamento penitenziario, in particolare:

Diritto di reclamo e Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
E' stato sostituito l'articolo 35 e aggiunto l'articolo 35 –bis che riguardano rispettivamente il diritto di  reclamo dei detenuti e degli internati e il reclamo giurisdizionale;  quest'ultimo è stato istituito dopo che  la Corte Costituzionale aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell'articolo 35 nella parte in cui non prevedeva una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale (sentenza n. 26 dell'11 febbraio 1999).
Sopperendo inoltre a una lacuna del nostro ordinamento (vd. post del 17 gennaio 2013), l'articolo 7 del decreto legge n. 146 ha istituito la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, con "competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani"  di cui al comma 5 del citato articolo 7,  e che – fra altro – può essere destinatario di istanze o reclami di cui all'articolo 35.
La competenza per i reclami giurisdizionali è del magistrato di sorveglianza, avverso la decisione  del quale è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge nel termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito.
Il procedimento si svolge ai sensi degli articoli 666 e 678 (quest'ultimo interessato dalle modifiche più sopra illustrate) del codice di procedura penale. 
Va segnalato che "in caso di mancata esecuzione del provvedimento non più soggetto ad impugnazione, l'interessato o il suo difensore munito di procura speciale possono richiedere l'ottemperanza al magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento", il quale può anche nominare, ove occorra, un commissario ad acta e, in ogni caso, "conosce di tutte le questioni relative all'esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario".
Avverso il provvedimento emesso in sede di ottemperanza è sempre ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.

Affidamento in prova (articolo 47 dell'Ordinamento Penitenziario)
E' stata estesa a tutti i condannati che debbono espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro
anni di detenzione, la possibilità di ottenere l'affidamento in prova di cui all'articolo 47 O.P. (vd. post del 9 luglio 2013), precedentemente riservato a coloro che dovevano espiare una pena non superiore ai tre anni.
E' stato inoltre previsto (comma 8) che "Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, su proposta del direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna, dal magistrato di sorveglianza, anche in forma orale nei casi di urgenza."

Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà
Il decreto legge n. 146 ha sostituito l'art. 51 –bis prevedendo  i) che quando, durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare speciale o del regime di semilibertà, sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il pubblico ministero informa immediatamente il magistrato di sorveglianza, formulando contestualmente le proprie richieste e ii) che il magistrato di sorveglianza, se rileva, tenuto conto del cumulo delle pene, che rimangono le condizioni  normativamente previste, dispone  con ordinanza la prosecuzione della misuro in corso; in caso contrario ne dispone la cessazione.  Avverso detto provvedimento è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 69 – bis.

Particolari modalità di controllo nell'esecuzione della detenzione domiciliare
E' stato aggiunto l'articolo 58 – quinquies, secondo il quale nel disporre la detenzione domiciliare, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza possono prescrivere procedure di controllo anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l'effettiva disponibilità. Allo stesso modo può provvedersi nel corso dell'esecuzione della misura.
L'efficacia di detta disposizione è stata peraltro differita al giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto legge n. 146.
In relazione all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi, l'articolo 5 del decreto n. 146 elimina la limitazione temporale al 31 dicembre 2013 e prevede che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, sia eseguita presso il "domicilio", inteso come l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza.



Liberazione anticipata speciale
Per un periodo di due anni dal 24 dicembre 2013, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall'articolo 54 O.P. è pari a settantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata.
Ai condannati che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, abbiano già usufruito della liberazione anticipata, è riconosciuta per ogni singolo semestre la maggiore detrazione di trenta giorni, sempre che nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio abbiano continuato a dar prova di partecipazione all'opera di rieducazione. Il che implica una valutazione caso per caso, da parte del magistrato di sorveglianza.
La detrazione prevista dal decreto n. 146 si applica anche ai semestri  di pena in corso di espiazione al 1° gennaio 2010.
Ai condannati per taluno dei delitti previsti dall'articolo 4 -bis O.P. la liberazione anticipata può essere concessa nella misura di settantacinque giorni, come previsto dal decreto n. 146, soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità.
Le disposizioni introdotte dal decreto legge n. 146 non si applicano ai condannati ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, relativamente ai periodi trascorsi, in tutto o in parte, in esecuzione di tali misure alternative.

Testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1988 n. 285)
Il decreto ridisegna gli ambiti di applicazione dell'espulsione di cui all'articolo 16 del Testo unico, ampliando la possibilità di ricorrere a  tale disciplina, e, soprattutto, prevede l'anticipazione delle procedure di identificazione, finalizzata a evitare il transito dal carcere ai CIE (Centri di identificazione ed espulsione), con un'azione amministrativa congiunta  fra direzione dell'istituto penitenziario in cui fa ingresso il cittadino straniero, questore, autorità diplomatiche, ministero della giustizia e ministero dell'interno.  Tutte le informazioni sull'identità e nazionalità del detenuto straniero sono inserite nella cartella personale del medesimo prevista dall'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
Salvo poi che il questore comunichi che non è stato possibile identificare il detenuto straniero, la direzione dell'istituto penitenziario trasmette gli atti utili per l'adozione del provvedimento di espulsione al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione del condannato, il quale provvede con decreto motivato, senza formalità. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, allo straniero e al difensore, i quali, entro il termine di dieci giorni, possono proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Se lo straniero non è assistito da un difensore di fiducia, il magistrato ne nomina uno di ufficio. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.


da riconoscersi ai datori di lavoro in favore dei detenuti ed internati
E' prorogato per un periodo massimo di sei mesi, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto n. 146,  il termine per l'adozione dei necessari provvedimenti volti ad assicurare la determinazione delle modalità e dell'entità delle agevolazione e degli sgravi fiscali (vd. post 17 febbraio 2013), concessi per l'anno 2013 sulla base delle risorse destinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in attuazione dell'articolo 1, comma 270, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in favore delle imprese che assumono detenuti o internati, anche ammessi al lavoro all'esterno, e per l'individuazione della misura percentuale della riduzione delle aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute alle cooperative sociali per la retribuzione corrisposta ai lavoratori detenuti o internati, anche ammessi al lavoro all' esterno, o ai lavoratori ex degenti degli ospedali psichiatrici giudiziari. L'ammontare massimo dei crediti di imposta mensili concessi a norma dell'articolo 3 della legge 22 giugno 2000 n. 193, e successive modificazioni, deve intendersi esteso all'intero anno 2013.

Copertura  finanziaria
All'attuazione delle disposizioni del decreto si dovrà provvedere mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Resta dunque da verificare se le risorse attualmente disponibili siano sufficienti in concreto a dare effettività alle novità introdotte dal decreto legge n. 146.