venerdì 13 giugno 2014

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: il GIP di Bergamo proscioglie per inutilizzabilità della prova

Il Giudice delle Indagini Preliminari di Bergamo ha pronunciato sentenza di proscioglimento in un caso in cui il Pubblico Ministero chiedeva emettersi decreto penale a carico dell'imputato cui era contestato di aver circolato in stato di ebbrezza per l'uso di bevande alcoliche, con un tasso alcolemico nel sangue pari a 1.61 g/l  (a fronte del limite legale di 0,5 g/l).

Il GIP ha considerato illegittimamente acquisita la prova perché i Carabinieri che avevano  fermato l'imputato per un controllo di routine, "anziché procedere alla verifica dell'alcol presente nell'espirato a mezzo di etilometro",  lo avevano invitato a seguirli presso il vicino pronto soccorso al fine di sottoporlo a prelievo ematico per dosaggio alcolemico, "informandolo nella circostanza che un eventuale rifiuto avrebbe comportato l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 186, 7° comma" Codice della strada.

Il GIP ha ritenuto che il prelievo ematico era stato effettuato al di fuori dalle ipotesi normativamente previste (articolo 186, comma 5, del Codice della strada)  con "conseguente sanzione processuale dell'inutilizzabilità" della prova a carico dell'imputato.

Nel caso di specie il GIP ha infatti osservato che:

i) l'imputato non era stato coinvolto in alcun incidente stradale, sicché la polizia giudiziaria aveva fatto illegittimo ricorso al prelievo ematico per l'accertamento del tasso alcolemico;

ii) la polizia giudiziaria era ricorsa al prelievo ematico "al solo fine di precostituirsi  la prova in sede penale, lasciando trasparire le forme di un prelievo coattivo, in spregio a qualsiasi dettato Costituzionale e normativo", mentre "avrebbe dovuto accertare il tasso alcol emico con apposita apparecchiatura in dotazione (etilometro) ovvero mediante mera valutazione degli indici sintomatici, così come previsto dalla legge"

iii) "nel descritto contesto di arbitrarietà, violazione e contraddittorietà rispetto al preciso dato normativo" non poteva assumere alcun valore il contegno passivo tenuto dall'imputato rispetto all'iniziativa della polizia giudiziaria, considerato che al di fuori del caso in cui si renda necessario ai fini sanitari, il prelievo ematico "riveste i caratteri di un atto invasivo e lesivo dei diritti della persona e, come tale, necessita di un consenso scritto ed informato da parte dell'interessato", nella specie del tutto assente;

iv) gli agenti di polizia giudiziaria avevano sottoposto a prelievo ematico l'imputato "senza nemmeno redigere nell'immediatezza del fatto un verbale di identificazione, né di accertamento urgente sulla persona, né di avviso e nomina di un difensore", mancanza cui non potevano aver sopperito "i verbali notificati a distanza di ben 19 giorni dal fatto (e che l'imputato ha firmato per mera notifica)", posto che era nell'immediatezza del fatto che, "nel rispetto delle garanzie previste dalla legge",  la polizia giudiziaria avrebbe dovuto mettere l'imputato "nelle condizioni di conoscere i propri diritti", come previsto dagli articoli  356 del codice di procedura penale e 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

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