venerdì 12 luglio 2013

INFEDELTA’ CONIUGALE: I MESSAGGI TELEFONICI E DI POSTA ELETTRONICA FANNO PROVA?

Nel corso di un giudizio di separazione giudiziale avanti al Tribunale di Torino, sono state prodotte in causa copie di e-mail e sms che dimostrano l'esistenza di una relazione extraconiugale.
Il Tribunale ha ritenuto inequivocabilmente provata la sussistenza di detta relazione  -  nella fattispecie posta a base della pronuncia di addebito della separazione -  sulla scorta della documentazione versata in atti, di cui ha valutato ammissibilità e utilizzabilità, nonostante che fosse stato eccepito che la "cognizione e successiva produzione della corrispondenza" costituisse "illecito di rilevanza penale".
Nell'ordinanza - integralmente richiamata dalla sentenza -  emessa dopo l'esame delle memorie depositate ai sensi dell'art. 183, 6° comma del codice di rito, il Tribunale ha infatti rilevato che la corrispondenza non era stata disconosciuta ai sensi degli articoli 2712 e ss. c.c., sicché le riproduzioni documentali  della corrispondenza elettronica intercorsa non erano state "contestate in sé, quanto alla genuinità o autenticità, ma solo nella loro utilizzabilità per le conseguenze penali connesse" .  
Sotto tale ultimo profilo, inoltre, il Tribunale ha osservato che il c.d. codice della privacy (D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196) a) esclude la richiesta di consenso nell' ipotesi di diffusione necessaria "per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria" purché i dati siano trattati per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (art. 24 lett. f); b) esclude parimenti l'informativa preventiva nelle medesime ipotesi (art. 13); c) riserva alla disciplina processuale in materia civile e penale la questione della validità, efficacia e utilizzabilità di tali atti (art. 160 comma 6); d) il contemperamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto di difesa deve dunque essere rimesso in assenza di una precisa norma processuale civile, alla valutazione del singolo giudice nel caso concreto (tra le pronunce più recenti citate dal Tribunale:  Cass. 5.8.2010, n. 18279 e Cass. 8.2.2011, n. 3034).
A tale ultimo proposito, la Suprema Corte (Cass. civ. sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3358)  ha affermato altresì  che la produzione in giudizio di documenti contenente dati personali è sempre consentita se necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza, anche se la facoltà di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza, sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa.
D'altra parte, è da tener presente che nel processo civile non vige il principio di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite invece sancito dall'art. 191 del codice di procedura penale.
In ogni caso, la mancata integrazione di una violazione del diritto alla riservatezza della produzione documentale di cui s'è più sopra detto non importa una totale irrilevanza della condotta dal punto di vista penale ché secondo la Suprema Corte (Cass. pen. Sez. V, 29 marzo 2011, n. 35383) la produzione processuale di documenti ottenuti illecitamente, tramite la lesione di un diritto fondamentale, può essere scriminata per giusta causa, ai sensi dell'art. 616, comma 2, codice penale, soltanto quando costituisca l'unico mezzo a disposizione per contestare le pretese della controparte e l'imputato riesca a dar prova di tale circostanza. Pronuncia, quest'ultima, che innova rispetto al precedente orientamento in tema di  violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza che considerava  una "giusta causa" di rivelazione (del contenuto della corrispondenza), quella del coniuge che si avvalga della corrispondenza quale mezzo di prova per contestare la richiesta del coniuge relativa all'assegno di mantenimento (Cass. pen. Sez. V, 10 luglio 1997 n. 8838).

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