Al fine di dar prova delle relazioni intrattenute dal coniuge con altri soggetti, un marito ha prodotto nel giudizio civile di separazione, messaggi e fotografie estratti dal profilo SKYPE della moglie, che li aveva scambiati con un terzo, e contenenti "un fitto scambio di reciproci apprezzamenti di carattere esplicitamente sessuale".
La vicenda giunge all'esame del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano perché valuti la richiesta di archiviazione del procedimento penale apertosi a carico del marito a seguito della denuncia-querela proposta dalla moglie.
Con l'ordinanza 17 aprile 2013, il GIP di Milano ha disposto la c.d. imputazione coatta a carico del marito (art. 409, 5° comma, codice di procedura penale) per i reati di cui all'art. 615 ter codice penale (accesso abusivo a un sistema informatico o telematico) e 616, 1°, 2° e u. co. codice penale (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) ravvisando la sussistenza degli elementi necessari a sostenere l'accusa in giudizio.
Il Giudice ha infatti ritenuto che l'ipotesi accusatoria si concretasse nei confronti del marito:
quanto all'art. 615 ter cod. pen., per essersi introdotto abusivamente, aggirando le misure di sicurezza per l'accesso, o comunque, utilizzando senza averne titolo la password personale della titolare, nel profilo SKYPE appartenente alla moglie; e
quanto all'art. 616, 1°, 2° e u. co. cod. pen., per aver preso cognizione delle comunicazioni in "chat" avvenute dal profilo SKYPE della moglie con un terzo utente del programma e averle successivamente rivelate, senza giusta causa, mediante deposito della stampa delle stesse nel giudizio civile di separazione con la predetta.
Sotto tale ultimo aspetto, il Giudice per le Indagini Preliminare ha considerato che il marito "poteva dar prova, davanti al giudice civile, delle relazioni della moglie con altri soggetti attraverso i tradizionali strumenti processuali [cioè con un ordine di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ., n.d.r.] e senza arrogarsi il diritto di 'captare' (sono parole dell'indagato) la corrispondenza altrui". Sul punto, il GIP ha infatti citato espressamente la massima estratta dalla pronuncia della Suprema Corte n. 35383/11 (si veda il post precedente a questo) con cui è stato statuito che:
"Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.), la condotta di colui che sottragga la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione; né, in tal caso, sussiste la giusta causa di cui all'art. 616, comma secondo, cod. pen., la quale presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che ex art. 210 cod. proc. civ., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all'altra parte o a un terzo, l'esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.".
Prima di fare qualsiasi stupidata davanti ad un Giudice, consultatevi sempre con un più che valido professionista e seguitene i consigli!!!!
RispondiEliminaE' evidente l'importanza di rivolgere ad una agenzia investigativa composta esclusivamente da investigatori privati autorizzati che conoscano bene il diritto e non commettano reati... si rischia se non altro il concorso....
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