L'emergenza dovuta al perdurante sovraffollamento delle carceri ha imposto l'adozione di misure urgenti.
Sulla scorta di quanto deliberato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 26 giugno 2013, è stato emanato il decreto legge del 1° luglio 2013 n. 78, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2013 e in vigore dal giorno successivo (3 luglio 2013), che fa espresso riferimento anche al termine assegnato allo Stato italiano con la sentenza 8 gennaio 2013 pronunciata dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nella causa Torreggiani e altri c. Italia.
Si tratta di una prima risposta, quella del decreto legge n. 78, che mira soprattutto a sfoltire l'ingresso in carcere, pur introducendo talune cautele inedite, come quella del comma 1-bis - aggiunto dopo il comma 1 – dell'art. 284 (arresti domiciliari) del codice di procedura penale, secondo la quale il giudice stabilisce il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
Le novità maggiori interessano tuttavia l'art. 656 del codice di rito e, in particolare, il momento in cui deve essere disposta la carcerazione perché deve essere eseguita una pena detentiva. Infatti:
* dopo il comma 4 sono aggiunti:
- il comma 4-bis, che riguarda i casi – fuori da quelli previsti dal comma 9 lett. b) – in cui la residua pena da espiare non superi i limiti indicati al comma 5, "computando le detrazioni previste dall'art. 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354", e impone dunque al pubblico ministero, prima di emettere l'ordine di esecuzione, di verificare l'esistenza di periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo da eseguire, e di trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza affinché provveda all'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo. La disposizione non si applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art. 4 -bis della legge 26 luglio 1975, n. 354;
- il comma 4-ter, che riguarda il condannato in stato di custodia cautelare in carcere, rispetto al quale il pubblico ministero deve emettere l'ordine di esecuzione e stabilisce che, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, debbano essere trasmessi gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata;
- il comma 4-quater, che prevede che, nei casi contemplati al comma 4-bis, il pubblico ministero emetta i provvedimenti previsti ai commi 1, 5 e 10 dopo la decisione del magistrato di sorveglianza;
* al comma 5, è previsto l'innalzamento da tre a quattro anni del valore massimo della pena che può essere sospesa per verificare l'applicabilità di misure alternative alla detenzione, ma l'elevazione della soglia riguarda soltanto i casi previsti dall'art. 47 -ter, comma 1, della legge 1975, n. 354 (cioè quelli delle pene da eseguire nei confronti di a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente; b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile parzialmente; e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia;
* al comma 9 sono apportate modificazioni: alla lettera a), che escludono la sospensione dell'esecuzione ai soli condannati per i delitti di cui all'articolo 572, secondo comma (che riguarda le ipotesi di condotte di maltrattamenti dalle quali derivano lesioni gravi o gravissime, ovvero la morte), e 612-bis, terzo comma (che riguarda le ipotesi di atti persecutori ai danni di un soggetto minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, o con armi o da persona travisata), del codice penale; alla lettera c) (che riguarda i condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, codice penale), che viene soppressa.
* al comma 10 è aggiunta l'ipotesi di sospensione dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione con trasmissione senza ritardi degli atti al tribunale di sorveglianza perché provveda all'eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5 "se la residua pena da espiare determinata ai sensi del comma 4-bis non supera i limiti indicati dal comma 5".
L'art. 2 del dl n. 78 apporta modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354 (Riforma dell'ordinamento penitenziario) puntando a ridurre la permanenza in carcere di detenuti e internati con l'assegnazione a lavori di pubblica utilità, estendendo le ipotesi di detenzione domiciliare, rimuovendo le preclusioni alla concessione dei permessi premio, della semilibertà, dell'affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare ai recidivi.
Le modifiche interessano in particolare:
- l'art. 21 (che riguarda il lavoro all'esterno cui possono essere ammessi i detenuti e gli internati): dopo il comma 4-bis, è aggiunto il comma 4-ter, che contempla la possibilità di detenuti e internati, che quindi hanno in corso di esecuzione la pena, di essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito nell'esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività da svolgersi presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato (un esempio è recentemente venuto da detenuti nel carcere di Bollate assegnati a lavori di imbiancatura in una scuola comunale);
- l'art. 47 -ter (che riguarda la detenzione domiciliare): i) il comma 1.1 è soppresso, estendendo così al condannato recidivo la possibilità di scontare in regime di detenzione domiciliare la parte residua di pena che non supera i tre anni; ii) con il medesimo intento, al comma 1-bis vengono soppresse le parole che precludono la detenzione domiciliare ai recidivi; iii) il comma 1-quater è integralmente sostituito con previsioni che stabiliscono, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare sia rivolta al tribunale di sorveglianza; il magistrato di sorveglianza rimane però destinatario dell'istanza per i casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dallo stato di protrazione dello stato di detenzione; la nuova formulazione del comma 1 –quater contiene infine un rinvio all'applicazione alle disposizioni di cui all'art. 47, comma 4-bis: peraltro, posto che l'art. 47 non prevede il comma 4-bis l'indicazione è frutto di un evidente refuso, dovendosi necessariamente intendere il rinvio al comma 4, tenuto altresì conto della precedente formulazione del comma; iv) il comma 9 che è soppresso;
- gli articoli 30 - quater (concessione dei permessi premio ai recidivi) e 50 - bis (concessione della semilibertà ai recidivi) che sono abrogati;
L'art. 3 del dl n. 78 modifica l'art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 (e successive modificazioni) aggiungendo il comma 5 – ter che estende l'applicazione del disposto di cui al comma 5 -bis (possibilità di applicare in luogo di pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 54 decreto legislativo n. 274 del 2000) anche nell'ipotesi di altri reati commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, salvo che si tratti di quelli previsti dall'art. 407 comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.
Le altre disposizioni del decreto legge n. 78 - sulle quali qui non ci si sofferma - riguardano i compiti attribuiti al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, la copertura finanziaria e l'entrata in vigore di cui s'è già detto.
Non potrà che essere la concreta attuazione del decreto legge n. 78 a dare evidenza dell'effettività di esso, se non a rimediare, almeno ad alleviare le gravi condizioni di sovraffollamento in cui versano attualmente gli istituti di pena.
E' peraltro indubbio che le modifiche introdotte implicano un diretto maggior coinvolgimento del pubblico ministero (della fase esecutiva) e del tribunale di sorveglianza, sicché le buone intenzioni che informano il decreto legge dovranno fare i conti con l'entità dei rispettivi attuali carichi di lavoro.
Osservo che, diversamente da come la novella era stata presentata sulla stampa, non è stato innalzato a quattro anni il valore della pena per poter usufruire del beneficio dell’affidamento in prova, che resta a tre anni, mentre quattro anni è il nuovo valore per poter accedere alla detenzione domiciliare, ma solo in casi particolari e segnatamente quelli di cui al 47 ter O.P. 1° comma.
RispondiEliminaLe nuove disposizioni poi non riguardano la condizione di chi è già detenuto in esecuzione della pena.
Nell’ambito della necessità, imposta a livello europeo, di ridurre la popolazione carceraria e di dare attuazione ai precetti europei in tema di condizioni “più umane” per gli internati, come si legge peraltro nel preambolo del decreto legge in questione, stupisce di non trovare un riferimento alla possibilità per chi è già in fase di esecuzione della pena detentiva di poter beneficiare della liberazione anticipata calcolata “in anticipo”, come avverrà invece per chi non ha ancora varcato le soglie del carcere.
Indipendentemente dai rilievi di costituzionalità della norma in questione, vi è che forse proprio la popolazione “già” carceraria avrebbe avuto necessità di disporre di uno strumento deflattivo della detenzione previsto e pensato per chi non è ancora entrato in carcere.
Senza voler assumere pose critiche eccessive pare questa una lacuna normativa, ci si ripenserà?
Andrea Del Corno